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Venerdì, 29 Marzo 2024
Nuovi business / Palermo

Il Covid è un affare per la mafia: mascherine per gli ospedali finite al mercato nero

Trentuno persone sono state arrestate da carabinieri e polizia. Dalle intercettazioni degli indagati il quadro degli interessi dei boss: dalle estorsioni alle armi. E c'è chi protesta per la partecipazione dei bambini alle iniziative antimafia in ricordo dei giudici Falcone e Borsellino

L'emergenza Covid e il lockdown non hanno fermato i boss della mafia. A Palermo Cosa nostra ha anzi trovato nuovi "spunti" per fare affari. È quanto emerge dal blitz congiunto di polizia e carabinieri che ha portato oggi, 17 maggio, a 31 arresti nel mandamento mafioso di Brancaccio (che comprende le famiglie mafiose di Brancaccio, Corso dei Mille e Roccella). In 29 sono finiti in carcere e due agli arresti domiciliari. Rispondono di associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale e estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Quando l'Italia era in piena emergenza epidemiologica, secondo quanto reso noto, uno degli indagati si è impossessato di venti scatole contenenti 16mila mascherine Ffp3 sottraendole a un ospedale della città. Un lavoro "facile" perché lui stesso lavorava per lo stesso nosocomio perché appartenente all’area "Emergenza Palermo”. Una volta requisite, le mascherine sarebbero state rivendute.

Stamani nel corso del blitz è anche scattato il sequestro preventivo del capitale sociale, dei beni aziendali e dei locali della impresa, per un valore complessivo di circa 350 mila euro in quanto "frutto di intestazione fittizia", nei confronti di imprese ed esercizi commerciali, tra i quali una rivendita di prodotti ittici, due rivendite di caffè e tre agenzie di scommesse.

"Non ci immischiamo a Falcone e Borsellino"

Appartenere alla mafia è anche educare alla mafia. Emerge anche questo dal blitz di oggi a Palermo. "Sbirro" (poliziotto, ndr) o "carabiniere", sono termini usati come vere e proprie offese dagli indagati. Ne è prova un'intercettazione del maggio del 2019, in cui Maurizio Di Fede, boss del clan di Roccella, arrestato lo scorso luglio, sbotta: "Noi non ci immischiamo con i carabinieri, non ci immischiamo con Falcone e Borsellino... queste vergogne sono". Era infuriato perché aveva saputo che la figlia di una sua amica avrebbe partecipato con la scuola alle iniziative in ricordo delle stragi di Capaci e via D'Amelio in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. Dopo aver apostrofato la donna come "sbirra", sottolineò come lui non avesse mai prestato il consenso alla partecipazione a queste iniziative. Continua il giudice: "Si colloca nel medesimo solco, ed è per la verità ancora più sconcertante, il fatto che la 'formazione' mafiosa non abbia risparmiato nemmeno una bambina in tenera età che, dopo lunga preparazione, si accingeva a partecipare a una iniziativa scolastica in memoria dei rimpianti giudici Borsellino e Falcone".

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"Mille euro per questi poveri sfortunati..."

"Siccome per ora c'è urgenza che bisognano qualche 100 euro,.. Non per metterli in tasca...Bisognano per questi poveri sfortunati.!". L'estorsione in presa diretta al commerciante è ripresa dalle telecamere degli investigatori. Nel territorio delle famiglie di Brancaccio, Corso dei Mille, Roccella e Ciaculli tutti dovevano pagare, dall'imprenditore edile al venditore ambulante abusivo di sfincione (tipico prodotto della gastronomia palermitana, ndr). Da mantenere c'erano "i poveri sfortunati" ovvero chi è finito in carcere e le loro famiglie. Così gli esattori di Cosa nostra "ragionano" con le vittime: "Ti stiamo lasciando libero, però tu capisci, siccome ci sono esigenze... non è perché, noialtri qua sono tutti... Siccome per ora c'è urgenza che bisogna qualche 100 euro, bisognano per questi poveri sfortunati... Non per metterli in tasca! E per aiutare questi poveri sfortunati non ti preoccupare, viene Pasqua e dici: 'ho questo pensierino', 'va bene a posto'".

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L'arsenale dei boss 

Due pistole calibro 38 e numerose munizioni sono state rinvenute dai carabinieri durante le perquisizioni stanotte nell'ambito del maxi blitz antimafia. "E' di tutta evidenza come tutti gli associati abbiano piena consapevolezza di siffatta disponibilità e siano ben consci anche della loro possibilità di ottenere il concreto possesso di armi di cui siano in un dato momento sprovvisti rivolgendosi ad altri sodali, financo a quelli eventualmente inseriti in altre articolazioni territoriali dell’organizzazione criminale”, dicono gli inquirenti.

L'affare delle scommesse

Un ulteriore “affare” sul quale gli uomini del mandamento di Ciaculli avrebbero imposto il controllo, è la gestione delle piattaforme di gioco per le scommesse online illegali. "Questo delicato settore - dicono gli investigatori - risulta una costante nella moderna economia che costituisce gli affari delle famiglie mafiose siciliane, avrebbe assicurato cospicui introiti nella cassa della consorteria di Ciaculli e di quel mandamento mafioso, che avrebbe imposto sul territorio l’utilizzo di piattaforme di gioco che non avrebbero rispettato la normativa sulla prevenzione patrimoniale imposta alle attività ludiche dalle leggi italiane. Il compenso, tuttavia, sarebbe stato versato dagli esercenti, in proporzione ai guadagni ricavati, nelle casse del mandamento mafioso. I proventi delle attività illecite sarebbero stati poi reinvestiti in alcune attività commerciali".

Gli incassi con la droga

Tra i business sempre attivi, c'è quello del traffico di droga. Sono state individuate sei piazze di spaccio nella zona dello Sperone, tutte "direttamente gestite o comunque controllate" dagli indagati, con un ricavo presunto di circa 80.000 euro settimanali. "Sono stati eseguiti, in più occasioni ed a titolo di riscontro, 16 arresti in flagranza per detenzione di sostanza stupefacente e sequestrati circa 80 chili di droga tra cocaina, purissima ancora da tagliare, hashish e marijuana per un valore sul mercato di oltre 8.000.000 di euro".

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