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Giovedì, 25 Aprile 2024
LAVORO

I lavoratori dei call center scrivono a Renzi e Boldrini: "Salvateci"

Una petizione lanciata in difesa della categoria per dire stop alle 'delocalizzazioni' e salvare migliaia di posti di lavoro. I lavoratori dei centralini telefonici scendono in piazza a Roma

ROMA - Non si ferma la mobilitazione dei lavoratori dei call center. Dopo l'annunciata manifestazione prevista per oggi gli operatori hanno deciso di lanciare sulla piattaforma sul web Change.org una petizione diretta alla presidentessa della Camera Laura Boldrini.

La battaglia dei lavoratori è quella della difesa del proprio posto di lavoro dallo spettro delle delocalizzazioni ovvero del trasferimento del lavoro all'estero, in paesi (anche europei) in cui i loro colleghi 'operano spesso senza alcun diritto e con paghe da fame' come scrivono nel testo della petizione:

Licenziare i lavoratori italiani per andare a sfruttare i lavoratori dei paesi più deboli senza riconoscere a questi ultimi né diritti, né la giusta retribuzione. Una doppia ingiustizia

Ma il rischio non è circoscritto soltanto a chi lavora in questo settore ma anche ai consumatori e a chi usufruisce di questi servizi: le delocalizzazioni potrebbero portare i servizi in paesi in cui la normativa di protezione dei dati personali sia più rishciosa di quella nostrana.
 

Tutto ciò è inaccettabile. Da cittadini siamo vicini alla mobilitazione dei lavoratori dei call center e alle loro famiglie; una mobilitazione che non riguarda solo loro ma gli interessi del Paese

Con la petizione on-line si chiede un maggiore impegno da parte delle alte cariche dello Stato per questo settore. Per questo oltre che alla Boldrini la raccolta firme è indirizzata anche  a Pietro Grasso, presidente del Senato e al premier Matteo Renzi.

Nel settore lavorano circa 80mila addetti, molti dei quali giovani. Oggi in migliaia manifestano a Roma. In piazza c'è anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso. I sindacati chiedono un miglioramento delle condizioni di lavoro e dei salari, danneggiati da una concorrenza sleale di grandi imprese che lavorano all’estero, dall’Albania all’India, dove il costo del lavoro è bassissimo. Diecimila lavoratori rischiano il posto di lavoro, secondo Cgil, Cisl e Uil, se il governo non frenerà la delocalizzazione. 

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