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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Manolo Gambini: chi è il detenuto evaso dal carcere dopo aver scavalcato la recinzione

È successo a Rebibbia. L'uomo ha 41 anni, è di Cerveteri e deve ancora scontare sei anni di pena

Si chiama Manolo Gambini il detenuto evaso poco prima delle 17 di ieri dal carcere romano di Rebibbia. Approfittando del fatto di poter circolare da solo in alcuni locali del carcere, ha raggiunto un muro che si affaccia su via Bartolo Longo e dopo aver scavalcato la recinzione è fuggito. Originario di Cerveteri, 41 anni, deve ancora scontare sei anni di pena: era stato arrestato per una serie di furti nelle abitazioni. Ora è caccia all'uomo. Manolo Gambini, alto un metro e 77 centimetri, ha cinque tatuaggi: tra questi due scorpioni, i nomi di alcune persone e la scritta "mamma" sul braccio destro. 

Manolo Gambini, il detenuto evaso dal carcere di Rebibbia

L'evaso dall'istituto in via Tiburtina è ora finito nel mirino della penitenziaria, supportata da polizia e carabinieri. Le ricerche sono state estese anche nelle vicine regioni, soprattutto la Toscana dove Gambini aveva commesso alcuni furti in passato. Manolo Gambini era arrivato da poco a Rebibbia. Era stato arrestato a Grosseto dai carabinieri nel 2018 e con lui in carcere finirono altri due complici. Secondo le indagini dell'epoca Gambini e la sua banda fecero un colpo in un appartamento portando via oggetti preziosi e orologi di valore per un totale di circa 70mila euro. Dopo l'arresto fu portato a Civitavecchia e quindi a Rebibbia.

La fuga di Manolo Gambini ha messo in evidenza le criticità delle carceri, secondo il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo: "Molto probabilmente l'uomo ha scavalcato la rete dei passeggi per poi arrampicarsi e scavalcare il muro di cinta. Questa ennesima evasione mette a nudo tutte le criticità di un sistema carcerario sempre più in difficoltà sia per la natura delle strutture sia per le gravi carenze organiche e di sistemi di allarme adeguati - afferma Di Giacomo -. È sicuramente necessario investire in nuove strutture e nell'assunzione di personale della polizia penitenziaria. I governi nell'ultimo decennio hanno investito cifre insignificanti e questo di oggi ne è il risultato concreto".

È dello stesso avviso Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria: "Di nuovo è stata messa a nudo l'emergenza penitenziaria che si combatte quotidianamente su più fronti e per la cui risoluzione sono indispensabili interventi urgenti, tangibili e incisivi. Come abbiamo denunciato più volte, l'emergenza connessa alla pandemia da coronavirus nelle carceri, caratterizzata anche dalle rivolte del marzo dello scorso anno, si è andata a sommare all'emergenza preesistente da tempi remoti e fatta di inefficienze strutturali, carenze e inattualità tecnologiche, deficit organizzativi e, soprattutto, dell'inadeguatezza delle dotazioni organiche della polizia penitenziaria che, secondo uno studio condotto dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ammonta a oltre 17mila unità. Se a questo si assommano le assenze dal servizio per Covid-19 e per isolamento precauzionale, è di tutta evidenza che se il sistema ancora in qualche misura regge, senza andare esattamente in frantumi, lo si deve solo al diuturno ed encomiabile sacrificio individuale di ciascun operatore, delle diverse professionalita".
 

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