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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il processo bis

"Martina Rossi morì per sfuggire a uno stupro": le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello

Oltre novanta pagine per spiegare le motivazioni della condanna di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentata violenza sessuale di gruppo nei confronti della studentessa genovese, morta dieci anni fa dopo essere precipitata dal sesto piano di un albergo a Palma di Maiorca

Martina Rossi è morta per sfuggire a uno stupro. Per la Corte d’appello di Firenze, che ha reso note le motivazioni della sentenza di condanna dello scorso 28 aprile al termine del processo bis per la morte della ragazza, è "provato al di là di ogni ragionevole dubbio" che la mattina del 3 agosto 2011 la studentessa genovese precipitò dal terrazza del sesto piano di un albergo a Palma di Maiorca "nel tentativo di sottrarsi a una aggressione sessuale perpretata a suo danno dagli imputati". 

Martina Rossi, le motivazioni della sentenza della Corte d'Appello

La Corte d’Appello ha condannato a 3 anni di reclusione ciascuno il 28enne Alessandro Albertoni e il 29enne Luca Vanneschi, entrambi di Castiglion Fibocchi (Arezzo), per tentata violenza sessuale di gruppo. Con questa decisione la Corte ha confermato il verdetto di condanna di primo grado per quanto riguarda il delitto di tentato di stupro mentre quello di morte in conseguenza di altro reato è stato dichiarato prescritto. "Deve rivelarsi come la valutazione delle condotte accertate in relazione al delitto di tentata violenza di gruppo porta a ritenere che fosse assolutamente prevedibile che Martina, bloccata da entrambi gli imputati la via di fuga che passava dalla porta di accesso alla camera, avrebbe cercato la via di fuga nel terrazzo poiché l'uscita dalla porta di ingresso le era preclusa", scrivono i giudici nelle oltre novanta pagine che spiegano le motivazioni della condanna di Albertoni e Vanneschi. "Quindi era assolutamente prevedibile che indurre la ragazza a cercare 'scampo' attraverso il terrazzo comportava la preventiva valutazione che la ragazza, nel tentativo di fuggire potesse mettere in atto azioni che la esponevano al rischio oggettivo di precipitare dal terrazzo della camera di albergo".

Per quanto attiene alle condotte degli imputati "la presenza dei graffi sul collo di Albertoni e di lesioni non compatibili con la caduta al suolo sul corpo di Martina Rossi fanno ritenere accertato in causa che all'interno della camera 609 avvenne colluttazione tra l'imputato e la ragazza - proseguono i giudici - collutazione anche particolarmente violenta, tanto da determinare quella condizione di panico che spinse Martina a trovare rifugio nel terrazzo della camera, e durante la quale evidentemente si lacerarono i pantaloncini che indossava la ragazza". Nelle motivazioni della sentenza si legge, inoltre, che “è ragionevole ritenere che Vanneschi spalleggiò l'amico e si frappose fra Martina e l'uscita dalla camera".

Albertoni e Vanneschi, scrivono ancora i giudici, "hanno pervicacemente continuato la propria condotta di inquinamento del processo, Albertoni con il mendacio consacrato nelle spontanee dichiarazioni rese davanti alla seconda sezione della Corte di Appello fiorentina, Vanneschi perdurando nel silenzio, senza trovare neppure lui, a dieci anni dalla morte di Martina Rossi, la spinta etica per restituire alla famiglia di Martina almeno la consolazione della verità sulle modalità con le quali sono stati privati della figlia poco più che ventenne".

Il difensore di Luca Vanneschi: "La motivazione? Un errore in ogni pagina"

Per l’avvocato Stefano Buricchi, difensore di Luca Vanneschi, si tratta di "una sentenza acriticamente adagiata sulle ipotesi delle parti civili e fideisticamente aderente ai rilievi dei loro consulenti2, una motivazione "con almeno un errore clamoroso per ogni pagina". "Come sulla presunta colluttazione tra Martina Rossi e Alessandro Albertoni sulla quale la sentenza arriva addirittura a sostenere che alcune delle lesioni sarebbero state alla stessa provocate antecedentemente alla caduta in contrasto con quanto ritenuto dai consulenti del pm Marco di Paolo ed Elisabetta Spinetti, dagli stessi giudici di primo grado e dalla procura che non ha mai contestato il reato di lesioni in capo agli imputati. Il collegio ha evidentemente preso fischi per fiaschi", ha detto Buricchi, aggiungendo “anche gli errori giudiziari fanno la storia della giustizia, ma li correggeremo questi errori. Questo è un processo indiziario in cui ci sono però prove a favore degli imputati, se solo si fossero volute assumere". Il legale ha detto infine di attendere “con ansia la Cassazione, che spero saprà dire parole di giustizia e verità annullando una motivazione densa di contraddizioni, errori e illogicità".

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