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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca Arezzo

"Martina morì per scappare ad uno stupro": le motivazioni dei giudici

Il tribunale di Arezzo ha reso note le motivazioni della sentenza sulla morte di Martina Rossi, per cui due giovani sono stati condannati a sei anni per tentativo di violenza sessuale di gruppo e morte in conseguenza di altro reato

A quasi sei mesi dalla sentenza il tribunale di Arezzo ha reso pubbliche le motivazioni che hanno portato alla condanna di due ragazzi aretini, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, condannati in primo grado (6 anni) per due distinti reati collegati alla morte della studentessa genovese Martina Rossi, avvenuta nell'agosto 2011 quando la giovane si trovava in vacanza in Spagna, a Palma di Maiorca, nelle isole Baleari.

Morte Martina Rossi, le motivazioni della sentenza

Il collegio dei giudici della sezione penale del tribunale di Arezzo presieduto da Angela Avila (Giulia Soldini e Claudio Lara a latere) ha spiegato in 113 pagine perché i due ragazzi, difesi rispettivamente dagli avvocati Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, sono stati condannati a tre anni per tentata violenza sessuale di gruppo e altrettanti per morte in conseguenza di questo reato. Secondo il collegio, risulta credibile la ricostruzione sostenuta dall'accusa (il procuratore generale Roberto Rossi) e condivisa dai genitori di Martina, Bruno e Franca Rossi (seguiti dall'avvocato Luca Fanfani): Martina è caduta dal balcone della camera dell'hotel in cui alloggiava per cercare di sfuggire a un tentativo di violenza sessuale da parte dei due ragazzi. Va ricordato che la giovane, al momento della caduta, non si trovava nella sua camera, quella che condivideva con le sue amiche, ma in quella di Albertoni e Vanneschi. Perché nel frattempo gli amici di Albertoni e Vanneschi si trovavano nella stanza di Martina, assieme alle sue amiche.

Muore cadendo da un balcone: per il perito non è stato un suicidio

Morte Martina Rossi, le premesse

''Martina - si legge nel dispositivo - è precipitata con addosso solo una maglietta e un paio di mutandine. Senza i pantaloncini che (...) aveva di certo addosso. (...). Martina non aveva assunto né sostanze stupefacenti, né psicofarmaci. (...) Le analisi tossicologiche (...) escludono con certezza anche la presenza di alcol nel sangue. (...) Non era in terapia, stava bene, era soddisfatta della propria vita personale e scolastica. (...) Non aveva dimostrato interesse di tipo sessuale nè per Vanneschi, né per Albertoni. (...) Le ragioni per cui la ragazza era andata nella camera 609 erano da ascriversi alla sua discrezione, volendo lasciare le sue amiche da sole con quei ragazzi, amici degli imputati, con cui stavano flirtando per poi fare sesso''.

Morte Martina Rossi: le conclusioni

I giudici concludono che non fu suicidio:

''Martina non si è tolta volontariamente i pantaloncini che indossava, qualcuno deve averglieli tolti contro la sua volontà, manifestata apertamente, quindi con violenza. (...) Non possono essere stati altri che loro due (Albertoni o Vanneschi) a toglierglieli, entrambi, insieme, oppure anche uno solo dei due''.


La violenza - riporta la sentenza -.si è consumata sul letto matrimoniale della camera 609. Nel letto c'erano sia Albertoni che Vanneschi.

Non vi è alcun dubbio che, in quel contesto e prima di cadere, sia stata Martina Rossi a graffiare il collo di Alessandro Albertoni. (...) Il racconto di Albertoni su come e perché sia stato graffiato dalla ragazza non è verosimile né credibile. (...) Ne consegue che Martina abbia reagito a un tentativo di violenza a cui le stava togliendo i pantaloncini corti contro la sua volontà. (...) Non riuscendo nell'intento per cause indipendenti alla loro volontà, e cioé per reazione della vittima, che prima si opponeva e difendeva (...) e poi scappava dirigendosi verso il balcone della terrazza.  

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