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Martedì, 16 Aprile 2024
Roma

Mascherine cinesi senza certificati: tre arresti, sequestrati 22 milioni

Agli arresti domiciliari sono finiti Andelko Aleksic, Vittorio Farina, imprenditore già attivo nel settore dell'editoria e Domenico Romeo. I dispositivi provenienti dalla Cina erano destinati alla Protezione civile 

Durante la prima fase dell'emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di coronavirus, avevano fatto arrivare in Italia una fornitura di mascherine e camici provenienti dalla Cina, cedute poi alla Protezione Civile del Lazio per una cifra di quasi 22 milioni di euro. I dispositivi erano privi della certificazioni necessarie che invece erano state contraffatte.

Per questo motivo nella mattina di oggi, mercoledì 3 marzo, i militari Guardia di Finanza di Roma ha eseguito l’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali con la quale il gip del Tribunale capitolino, su richiesta della procura di Roma, ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Andelko Aleksic, 41 anni, Vittorio Farina, 66 anni, già attivo nel settore della carta stampata, e Domenico Romeo, 51 anni, indagati, a vario titolo, per frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata nonché, Aleksic e Farina, anche per traffico di influenze illecite.

Mascherine dalla Cina senza certificazione: sequestrati 22 milioni di euro

L’autorità giudiziaria ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo del profitto dei reati contestati, per un importo di quasi 22 milioni di euro, a carico dei tre arrestati e della società milanese European network Tlc Srl, nei cui confronti è stata emessa la misura interdittiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione.

Inchiesta sulle mascherine "cinesi": tre arresti a Roma (Foto Ansa)

L'inchiesta della Procura di Roma è partita da una segnalazione dell’agenzia regionale della Protezione Civile del Lazio: i finanzieri del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno ricostruito le vicende relative alla fornitura di 5 milioni di mascherine Ffp2 e 430.000 camici alla Regione Lazio da parte della European Network Tlc nella prima fase dell’emergenza sanitaria (tra marzo e aprile 2020), per un prezzo complessivo di circa 22 milioni di euro.

A fronte dei contratti sottoscritti, che prevedevano la consegna di dispositivi di protezione individuale marcati e certificati Ce, rientranti nella categoria merceologica di prodotti ad uso medicale, l’impresa milanese facente capo ad Aleksic, che fino al mese di marzo 2020 era attiva soltanto nel settore dell’editoria ha, dapprima fornito documenti rilasciati da enti non rientranti tra gli organismi deputati per rilasciare la specifica attestazione e, successivamente, per superare le criticità emerse durante le procedure di sdoganamento della merce proveniente dalla Cina, ha prodotto falsi certificati di conformità forniti da Romeo anche tramite una società inglese a lui riconducibile, ovvero non riferibili ai beni in realtà venduti.

Inchiesta sulle mascherine cinesi: l'ordinanza

"Le condotte tenute sono gravi a maggior ragione se contestualizzate nel momento di emergenza sanitaria in cui sono avvenute. Sfruttando le opportunità fornite dalla legislazione emergenziale adottata, approfittando del momento di estrema difficoltà in cui versava il paese che stava affrontando una epidemia incontrollata, gli indagati (Romeo subentrata in un secondo momento) non hanno esitato a cercare di lucrare, acquisire facili guadagni favoriti dalla sostanziale impossibilità di controllo da parte del committente sulla qualità della merce che veniva fornita come dispositivo di protezione". E’ quanto scrive il gip Francesca Ciranna nell’ordinanza con cui ha disposto tre misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma per la fornitura di mascherine e camici destinati alla protezione civile del Lazio.

"Gli indagati hanno agito con grande spregiudicatezza - scrive ancora il gip - Romeo ha fornito (e sembrerebbe tuttora fornire) certificati di conformità falsi, Aleksic ha dimostrato di essere consapevole della falsità dei certificati; Farina è il "faccendiere" colui che ha tenuto i contatti con soggetti vicino alla struttura commissariale, al fine di ottenere agevolmente la conclusione di fornitura vantaggiose per la società".

''Sussiste il concreto pericolo di reiterazione del reato. L’emergenza sanitaria è ancora in corso e dalle intercettazioni effettuate emerge che è ancora in atto una intensa attività di procacciamento di nuovi contratti di fornitura', scrive ancora il gip.

Le intercettazioni: ''Tanto sono tutti falsi i certificati''

“Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera, autorizza quell'acquisto''. È quanto si legge in una intercettazione contenuta nell'ordinanza del gip Ciranna. Secondo quanto si legge nel provvedimento, ''in occasione di un ulteriore viaggio a Roma, Farina Vittorio è riuscito ad incontrare il commissario straordinario Arcuri Domenico, come sembra emergere dai puntuali aggiornamenti effettuati da Farina ad Aleksic''.

In una conversazione intercettata Vittorio Farina ''ha giurato di aver parlato con Domenico Arcuri per inserire la Ent tlc Srl quale fornitore sussidiario" ad altre due imprese "per l’approvvigionamento di mascherine destinate alla riapertura delle scuole sul territorio nazionale'', scrive ancora il gip nell’ordinanza.

''Tu lasciami lavorare, c’ho ampia delega da te, te faccio diventare... mooolto molto benestante, forse potresti anche essere considerato ricco", quanto afferma Vittorio Farina in una conversazione intercettata con Andelko Aleksic, secondo quanto si legge nell'ordinanza.

E ancora: parlando dei camici, Andelko Aleksic riferisce di essere interessato al certificato e aggiunge ''tanto so tutti falsi sti certificati'', si legge nell'intercettazione riportata nell'ordinanza.

Arcuri non è tra gli indagati

Due perquisizioni sono state effettuate dalla Guarda di Finanza nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma per la fornitura di mascherine e camici destinati alla protezione civile del Lazio in cui si procede anche per traffico di influenze illecite. L’ indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, a capo del gruppo di pm che si sta occupando dei procedimenti riguardanti il contrasto ai reati legati all’emergenza coronavirus.

Secondo quanto si apprende l'ex commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri è oggetto del traffico d'influenze e non indagato nella vicenda.

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