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Venerdì, 19 Aprile 2024
Violenze polizia

Morto dopo un fermo dei carabinieri: il padre di Massimo chiede giustizia

E' morto il 20 agosto del 2011, a 22 anni. Tutto è cominciato dopo che è stato fermato dai carabinieri. Abbiamo intervistato il padre, Osvaldo, che insieme a tutta Buonabitacolo, in provincia di Salerno, chiede che sia fatta luce sulla vicenda

Massimo Casalnuovo ha 22 anni quando il 20 agosto 2011 prende il suo motorino e va dall'officina del padre verso casa. Senza casco percorre la via principale del suo paese, Buonabitacolo in provincia di Salerno. Qualche giorno prima alcuni residenti avevano presentato un esposto al sindaco, per chiedere di effettuare maggiori controlli su motorini rumorosi e "truccati". Così polizia municipale e carabinieri si appostano lì, proprio mentre passa anche Massimo. Quando i carabinieri lo vedono hanno già fermato altri due ragazzi e hanno accostato subito dopo una curva. Massimo invece non li vede e uno dei militari (il maresciallo Giovanni Cunsolo) si mette in mezzo alla strada, così uscendo dalla curva se lo ritrova davanti. Qualche secondo dopo è a terra, ha sbattuto il petto sullo spigolo di un muretto. Morirà in ambulanza poco dopo.  

Dopo l'incidente si diffondono due versioni dei fatti totalmente opposte tra loro: quella dell'Arma secondo cui Massimo è caduto dopo avere cercato di investire il maresciallo e ferendolo a un piede, e quella invece di alcuni testimoni secondo cui Massimo ha sbandato a causa del calcio sferrato allo scooter dal maresciallo Cunsolo. All'ospedale di Polla però arrivava prima il maresciallo di Massimo, che invece moriva in ambulanza. Emilio Risi è uno dei testimoni e la sua ricostruzione è stata questa:

Il maresciallo dei carabinieri è balzato fuori dall'auto dove stava redigendo il verbale e ha cercato di fermare il motorino. Il conducente lo ha evitato, il militare ha sferrato un calcio sul lato sinistro del mezzo, un Beta 50. Il ciclomotore ha percorso ancora alcuni metri sbandando, poi è sbattuto contro un muretto a secco di un ponte che sovrasta il fiume Peglio. Il ragazzo che lo guidava è stato sbalzato a terra, aveva sangue sulla fronte e non appariva cosciente

Poi c'è la versione del maresciallo che ha detto che ha inseguito il ragazzo nell'intento di leggere da vicino la targa del mezzo e di essere stato quasi investito da Casalnuovo, che ha perso il controllo del motorino dopo essergli passato sul "collo del piede sinistro". Nel processo su quei fatti l'imputato è il maresciallo, con l'accusa di omicidio preterintenzionale con l'aggravante di abuso d'ufficio. Il 5 luglio 2013 è stata emessa la prima sentenza: assoluzione con formula dubitativa. Nelle motivazioni si leggono che i verbali degli interrogatori non sono completi, con dei riassunti delle dichiarazioni. 

Sulla storia di Massimo c'è anche un documentario, diffuso sul web, che ricostruisce la sua storia. Oggi è il padre, Osvaldo, ad essere impegnato a chiedere verità e giustizia: "Per il giudice non c'è una prova certa ma io dico che non c'è stata la volontà di cercarla. La polizia scientifica di Roma ha fatto accertamenti  e ha trovato sulle scarpe del carabiniere delle microtracce della vernice del motorino di Massimo. E poi ci sono anche i testimoni". 

GUARDA IL DOCUMENTARIO SULLA STORIA DI MASSIMO

Osvaldo ha fondato insieme alla gente della sua comunità, Buonabitacolo, un comitato per chiedere verità e giustizia per suo figlio: "Noi siamo parte civile e anche la procura generale ha appellato quella sentenza dopo aver letto le motivazioni. Chiediamo solo che la storia di Massimo venga raccontata e si conosca, come quella di Aldrovandi, Uva e Cucchi. Dobbiamo parlare di queste vicende se vogliamo giustizia". Anche con Massimo si era innescato quel meccanismo di "doppia morte", tentato più volte in altri casi simili a questi: "E' stato definito un teppistello, un centauro che ha sfondato il posto di blocco. Ma poi è stato tutto bloccato: siamo una piccola comunità, ci conosciamo tutti e chiunque sa che Massimo era una persona rispettosa, timida e introversa. Non era certo un delinquente". 

Intorno a Osvaldo l'intera comunità di Buonabitacolo che ha organizzato concerti e manifestazioni per ricordare suo figlio e non dimenticare. Intanto, grazie a un consiglio comunale straordinario, il maresciallo dei carabinieri imputato nel processo presterà servizio in un altro paese, ma pur sempre sotto la stessa Procura. Osvaldo si è rivolto spesso alle istituzioni: "Ho scritto all'allora ministro degli Interni Roberto Maroni. Lui e il sindaco di Buonabitacolo sono stati gli unici a rispondere ai miei appelli. All'epoca avevo scritto anche alla Cancellieri. Adesso il senatore Luigi Manconi si sta occupando della mia storia". 

Osvaldo non è solo ma la sua battaglia è difficile: "Non si capisce perché continuino ad ostacolarci. Se sei un cittadino qualunque la giustizia ti massacra ma se sei dell'arma, indossi un camice bianco o una divisa sembra quasi che tu non debba essere processato. Ma io non smetterò di parlare e otterrò la giustizia che cerco". 

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