Trovato il secondo covo di Matteo Messina Denaro, c'è una stanza-bunker
Il rifugio si trova a poche centinaia di metri dalla prima abitazione, individuata a Campobello di Mazara e perquisita subito dopo l'arresto. Gli inquirenti sperano di trovare materiale utile per ricostruire gli affari criminali del boss
Matteo Messina Denaro aveva a disposizione anche un bunker dove rifugiarsi all'occorrenza. I carabinieri hanno individuato un secondo covo, con dentro una stanza blindata, a disposizione del boss arrestato lunedì a Palermo. Si trova al numero 32 di via Maggiore Toselli a Campobello di Mazara (Trapani), a poca distanza dal primo rifugio individuato e perquisito subito dopo l'arresto. L'immobile ha un doppio ingresso, non è ancora chiaro se si tratti del luogo in cui il capomafia nascondeva il suo tesoro: documenti riservati, "pizzini" (bigliettini, ndr), soldi che i magistrati cercano.
Il primo covo si trova in vicolo San Vito e, come emerso ieri, si tratta di un'abitazione "normale" come "normale" era la vita che, almeno nell'ultimo periodo della sua trentennale latitanza, pare abbia condotto l'ultimo padrino. Il secondo rifugio non dista molto, indice che la zona del Trapanese - sua terra d'origine - è stato il suo "feudo".
Matteo Messina Denaro, l'arresto dell'ultimo capomafia
Al primo appartamento i carabinieri erano arrivati grazie alla chiave di un’automobile che Matteo Messina Denaro aveva nella borsa che portava in spalla al momento dell’arresto. La chiave è quella di un’Alfa Romeo 164, gli inquirenti l'hanno trovata e ne hanno ricostruito gli spostamenti, arrivando alla casa. Qui i carabinieri hanno trovato abiti firmati, profumi, un arredamento definito "ricercato". Si presume che abbia vissuto lì almeno negli ultimi sei mesi. Trovata e sequestrata anche un'agenda. Al suo interno, a quanto pare, nessuna annotazione "compromettente" ma riflessioni sulla vita e sull'amore, le date degli incontri con la figlia, brani di lettere ricopiati. Ovviamente ogni tratto di penna è ora al vaglio degli inquirenti.
Si spera ora che il secondo rifugio "parli" della storia criminale del boss, dei suoi affari. La guardia di finanza lo ha individuato analizzando dei dati catastali. Sono quindi intervenuti i Ris dell'Arma, per raccogliere eventuali tracce biologiche e documentare lo stato dei luoghi, poi la perquisizione vera e propria.
Al vaglio degli inquirenti parallelamente tutta la documentazione con la storia clinica di Messina Denaro, a iniziare dai referti di visite specialistiche. Il boss si è sottoposto non solo a visite e cure per il cancro, ma ha fatto anche visite oculistiche. Due dei professionisti che lo hanno avuto in cura sono indagati. Si tratta di Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara, e dell'oncologo trapanese Filippo Zerilli.
L'attenzione degli investigatori è infatti anche su tutta la rete attorno alla figura del boss: dai familiari a quella "fetta di borghesia" che gli ha fatto da scudo citata esplicitamente dal procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia.
Torna alla memoria adesso che Messina Denaro è stato catturato un "dettaglio" trovato in una delle perquisizioni fatte in passato in casa della madre. Su una parete campeggiava un dipinto: Messina Denaro con una corona in testa. Il ritratto del boss-sovrano prendeva chiaramente spunto da una delle foto degli anni Ottanta ricalcando, nella resa pittorica, lo stile di Andy Warhol.
Messina Denaro ha un grave cancro al colon ed è stato arrestato proprio nella clinica palermitana La Maddalena dove era andato per delle terapie. Le sue condizioni sono comunque ritenute compatibili con il regime carcerario. Il boss è a L'Aquila. Oggi nel penitenziario è previsto oggi un consulto per valutare le cure da somministrargli.
Domani iè prevista l'udienza del processo a Matteo Messina Denaro che si celebra a Caltanissetta. Il boss potrebbe partecipare in videoconferenza, ma ha nominato solo ieri l'avvocato di fiducia, ossia la nipote Lorenza Guttadauro. Finora però i due non si sono incontrati e l'ipotesi è che venga rinviata.