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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le indagini sul superboss

Non solo Andrea Bonafede, nel covo di Messina Denaro foto e altri documenti d'identità

Dal 2020, anno del primo intervento per il cancro, il padrino ha usato il nome del geometra ma prima di allora potrebbe essersi presentato con altri alias

Non solo l'alias Andrea Bonafede. Il boss mafioso Matteo Messina Denaro arrestato il 16 gennaio a Palermo negli anni avrebbe utilizzato le generalità di diversi fiancheggiatori. Questo il sospetto degli inquirenti che, nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara (Trapani), hanno trovato documenti di identità contraffatti coi nomi e i dati di persone realmente esistenti.

Sul materiale sequestrato sono in corso gli accertamenti. Non è chiaro se i documenti siano stati contraffatti dallo stesso capomafia o se qualcuno li abbia preparati per lui, che avrebbe solo apposto la sua foto. Diverse peraltro, secondo l'Ansa, sono le foto tessera trovate nel nascondiglio del padrino di Castelvetrano.

Sappiamo che il nome di Andrea Bonafede è stato usato almeno dal 2020, anno dell'operazione all'ospedale di Mazara del Vallo. Prima di allora però il boss avrebbe fatto uso dei documenti di altre persone. E con le generalità di altri favoreggiatori avrebbe viaggiato e concluso affari. 

Per la prima volta dall'arresto, intanto, i carabinieri del Ros hanno diffuso le immagini del covo di vicolo san Vito, dove il padrino ha trascorso gli ultimi mesi da uomo libero. Una casa ordinata, due peluche, una stanza adibita a palestra: l'abitazione di un uomo qualunque. Nel salotto una tv, il divano, i libri disposti su una mensola, i quadri alle pareti con riproduzioni di dipinti famosi, come i Girasoli di Van Gogh e le foto dei protagonisti del film il Padrino e di Joker.

Una stanza-palestra, scarpe firmate ma anche peluche: ecco la casa di Messina Denaro

L'arresto di Matteo Messina Denaro è entrato anche nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario. "Assesta un colpo decisivo alla componente stragista della mafia e apre scenari inesplorati", ha detto riferendosi alla cattura del padrino il presidente della Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca. Come è già accaduto con altre figure del vertice mafioso, la fine della latitanza del boss costituisce senza dubbio, secondo Frasca, "un momento di grande importanza sia perché probabilmente completa la lunga e difficile operazione di smantellamento della componente stragista dell'organizzazione, sia perché apre prospettive investigative potenzialmente straordinarie che l'azione corale delle istituzioni potrà valorizzare in direzione di ambiti diversi da quelli strettamente connessi con il latitante". 

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