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Martedì, 23 Aprile 2024
Migranti

Migranti morti a Foggia: "Qui il capolarato dà più lavoro della società"

La tragedia nel Gran Ghetto di Foggia riaccende il dibattito sull'immigrazione. "La loro morte è una sconfitta per tutti", accusa la Caritas. Durissimo il commento del sindacato Usb: "E' la tragica conclusione del clima di caccia all'immigrato costruito nel nostro paese"

Di chi è la colpa? La morte di due migranti nel Gran Ghetto di Foggia, la baraccopoli situata nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico, riaccende lo scontro sull'immigrazione. Le vittime, due giovani africani originari del Mali, sono morti carbonizzati dopo che un rogo, forse di natura dolosa, è divampato di notte nelle baracche distruggendone un centinaio. I due migranti morti avevano deciso di rimanere in quel villaggio di cartone per il timore di perdere il lavoro, nonostante due giorni fa la magistratura avesse dato il via allo sgombero dei circa cinquecento abitanti del Ghetto, tutti (o quasi) impegnati nella raccolta dei prodotti agricoli nei campi della zona circostante.

Per l'Usb Puglia, le responsabilità sono fin troppo chiare: "Queste sono le conclusioni tragiche di anni di assenza di politiche reali di accoglienza e il clima di caccia all'immigrato costruito nel nostro paese e nella nostra regione. Migliaia di braccianti agricoli buoni per i lavori schiavistici nelle campagne foggiane e pugliesi, a cui non viene riconosciuta alcuna dignità umana. Questi episodi sono proprio la conseguenza della caccia alle streghe dei benpensanti razzisti".

"Aver avviato lo sgombero senza coinvolgere i lavoratori che lo abitano è stato un atto di prepotenza istituzionale che non è possibile accettare", incalza il sindacato. "Amministratori locali, politici regionali, imprenditori agricoli, hanno la responsabilità di queste due morti. L'Unione Sindacale di Base sosterrà tutte le iniziative di solidarietà e assistenza legale possibile e allo stesso tempo invita tutti i veri antirazzisti alla massima mobilitazione". 

Più diplomatico, ma non per questo meno incisivo, Don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo, nel cui territorio è il "gran ghetto" di Rignano Garganico: "Non è la prima volta che accadono fatti del genere però stavolta, purtroppo, ci sono di mezzo delle vite umane. Ci piange il cuore per queste morti: non deve accadere che chi è costretto a tenere a denti stretti la vita in quelle condizioni finisce per perderla". 

La Caritas di San Severo, in accordo con la Regione Puglia, sta accogliendo da qualche giorno in una struttura che si chiama "Arena", gestita dalla Protezione civile, 54 lavoratori migranti, per cercare di decongestionare il ghetto. "Ci hanno chiesto di far sentire la cittadinanza vicina alla persone accolte - spiega don Pupilla - e noi stiamo ascoltando i bisogni di questi ragazzi. Hanno accettato la proposta di uscire dal ghetto però sono un po' disorientati, non capiscono cosa sta accadendo: il loro bisogno più grande è il lavoro e lì lo trovano tramite i caporali". 

Anche ieri circa 200 lavoratori migranti hanno protestato davanti alla prefettura di Foggia, chiedendo al prefetto di aspettare fino all'estate per lo smantellamento del ghetto, in modo che possano lavorare. "Ma questa è una sconfitta per tutti, perché vuol dire che i caporali sono capaci di dare più lavoro rispetto alla società", commenta il direttore della Caritas di San Severo.

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