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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

"Migranti, meno sbarchi ma più morti in mare e internati in Libia": dure accuse di Amnesty

Amnesty International contro Italia, Malta ed Europa, "colluse con i libici". Le vite dei migranti sono usate come "moneta di scambio". E le Ong "vengono criminalizzate"

Dure accuse sul fronte migranti da Amnesty International contro Italia, Malta ed Europa, "colluse con i libici". E le vite dei migranti vengono usate come "moneta di scambio".

Si intitola 'Tra il diavolo e il mare blu profondo. I fallimenti dell'Europa su rifugiati e migranti nel Mediterraneo centrale' un nuovo rapporto di 27 pagine in cui l'organizzazione internazionale che lotta contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani nel mondo sostiene che soltanto nei primi due mesi dell'estate 2018,  giugno e luglio, siano morte più di 721 persone in mare, mette in evidenza le nuove politiche italiane che hanno lasciato le persone bloccate in mare per giorni. I paesi dell'Ue ormai lascianoche i migranti, in Libia, vengano torturati e abusati secondo Amnesty.

Amnesty: "Numero di morti in mare è salito"

"Nonostante il calo del numero di persone che cerca di attraversare il Mediterraneo negli ultimi mesi, il numero dei morti in mare è salito. La responsabilità per il numero crescente di vittime ricade sui governi europei che sono più preoccupati di tenere le persone fuori piuttosto che salvare vite umane", dice Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty esperto di asilo e migrazione. "Le politiche europee hanno autorizzato la Guardia costiera libica a intercettare le persone in mare, tolto la priorità ai salvataggi e ostacolato il lavoro vitale delle Ong di salvataggio. Il recente aumento di le morti in mare non è solo una tragedia: è una vergogna".

Raddoppiano intanto, dai 4.400 di marzo ai 10.000 di fine luglio (compresi 2.000 fra donne e bambini), le persone rinchiusa nei centri libici, dove secondo alcune voci critiche non sono garantiti i basilari diritti umani. "Virtualmente - commenta Amnesty - sono tutte persone intercettate in mare e riportate in Libia dalla Guardia costiera libica che è equipaggiata, addestrata e supportata da governi europei". Quindi secondo l'Ong, "i governi europei sono collusi con le autorità libiche per contenere in Libia i rifugiati e i migranti, a dispetto degli orribili abusi che rischiano per mano della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia. I piani di espandere questa politica di esternalizzazione nella regione sono profondamente preoccupanti", afferma de Bellis.

Lo scontro Italia-Ong

Nel 2017 i governi europei non sono riusciti a raggiungere un accordo su riforme cruciali sull'immigrazione e per il sistema di Dublino, che avrebbero potuto aiutare a evitare qualsiasi controversia sullo sbarco in Europa di chi viene salvato nel Mediterraneo. "In risposta a ciò, l'Italia ha cominciato a negare l'ingresso nei suoi porti alle navi che trasportavano persone salvate". Questa nuova politica si rivolge alle navi delle Ong, alle navi mercantili e persino alle navi della marina straniera. Ritardi non necessari nello sbarco costringono quindi le persone che necessitano di assistenza urgente - compresi i feriti, le donne incinte, i sopravvissuti alla tortura, le persone traumatizzate da naufragi e minori non accompagnati - a rimanere in mare per diversi giorni.

"Nel suo insensibile rifiuto di permettere ai rifugiati e ai migranti di sbarcare nei suoi porti, l'Italia sta usando vite umane come merce di contrattazione. Le persone disperate sono state lasciate bloccate in mare con insufficiente cibo, acqua e riparo, mentre l'Italia cerca di aumentare la pressione politica per condivisione della responsabilità in altri stati europei", sostiene ancora Matteo de Bellis. "Inoltre, le autorità italiane e maltesi hanno denigrato, intimidito e criminalizzato le Ong che cercano di salvare vite in mare, rifiutando alle loro barche il permesso di sbarcare e le ha anche confiscate".

"Salvataggio in mare è priorità"

"L'Italia e gli stati e le istituzioni europei devono agire con urgenza per dare la priorità al salvataggio in mare, e assicurare che i soccorsi siano sbarcati tempestivamente in paesi in cui non lo saranno esposti a gravi abusi e dove possono chiedere asilo". Il rapporto dà ampio spazio ad alcuni casi recenti in cui sono state violate le leggi internazionali segnalati. Ad esempio l'incidente idi metà luglio, quando l'Ong Proactiva ha trovato una donna ancora viva e due corpi su un relitto che affondava dopo l'intervento della Guardia costiera libica e il respingimento verso la Libia di 101 persone dalla nave commerciale italiana Asso Ventotto il 30 luglio. "Questi gravi incidenti devono essere tempestivamente e adeguatamente investigati", conclude de Bellis.

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