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Giovedì, 18 Aprile 2024
Riace

Lo sfogo di Mimmo Lucano: "Risolvevo i problemi degli sbarchi e lo Stato come mi ripaga?"

Se c'è associazione a delinquere, allora anche Prefettura e Viminale devono essere coinvolti, dice l'ex sindaco di Riace, commentando la durissima sentenza in primo grado ricevuta ieri nel processo Xenia

"Quando parlano di associazione a delinquere dovevano mettere insieme a me anche il ministero degli Interni e la Prefettura di Reggio Calabria, perché allora mi chiavano 'San Lucano' in Prefettura perché gli risolvevo i problemi degli sbarchi". Così Mimmo Lucano, tornando sulla condanna in primo grado a oltre 13 anni di carcere ricevuta ieri nel processo Xenia. Una condanna pesantissima, che sta facendo molto discutere. A Riace, dice l'ex sindaco, "c'era un'organizzazione dell'accoglienza, c'erano le associazioni, le coop e alla fine lo Stato mi ripaga dicendo che ho fatto l'associazione. Allora se ho fatto l'associazione anche loro sono partecipi perché mi chiedevano numeri altissimi per un piccolo borgo ai quali dicevo sì per la mia missione. E lo Stato come mi ripaga? Dandomi 13 anni e 2 mesi".

Mimmo Lucano: "In questa storia tante ombre e cose gravi"

Per Lucano, si tratta di una "storia piena di contraddizioni" e se non parla apertamente di complotto ai suoi danni comunque afferma: "Mi sembra tutto strano". Per lui ci sono "tante ombre e cose gravi", ad esempio la vicenda di Becky Moses, nigeriana 26enne che "a causa della chiusura del progetto Cas per mancanza di fondi, è poi morta in un rogo nella baraccopoli di San Ferdinando".

"Nell'elenco delle persone da trasferire, al numero 15 - ricorda Lucano - c'era Becky Moses che per due anni ha vissuto a Riace ed era felice. Partecipava alle manifestazioni, alle feste. Era venuta a Riace, nel mio ufficio, per chiedere la carta d'identità e gliela ho fatta. E questo non me l'hanno mai contestato anche se le mancava il permesso di soggiorno. E dove è andata a finire Becky? Nella baraccopoli di San Ferdinando, nel mondo degli invisibili dove ha incontrato la morte. La sua capanna ha preso fuoco ed è morta bruciata viva. Per 4 mesi i suoi resti sono rimasti nell'obitorio. Mi hanno chiamato e adesso è nel cimitero di Riace, l'unico luogo che ha tentato di dare dignità alla sua vita da viva e da morte. Per quella morte spero un giorno ci sia giustizia e che qualcuno si ricordi di lei, qualcuno deve rispondere".

Il "modello Riace"

"Non ho nessuna cosa nella vita se non l'orgoglio di avere, per anni, inseguito un'ideale e di aver fatto delle cose che mi davano una fortissima gratificazione, essere di aiuto a tantissime persone arrivate a Riace in fuga dalle guerre, dalla povertà. Questo dava valore a quello che stavo facendo, che non era una cosa persa. Nel mio immaginario era come dare un aiuto al mondo", dice Lucano, difendendo il "modello Riace", il sistema di integrazione e accoglienza diffusa sperimentato nel comune della Locride quando ne era sindaco. "Sono stato condannato per peculato ma più di una volta la stessa Procura ha detto, no questo sindaco non aveva motivazioni economiche sul piano personale, però ha fatto distrazioni. Ma qua sta l'essenza del modello Riace. Con i soldi che in altri luoghi usano solo la parte di accoglienza, noi facevamo anche integrazione. Non potevo accettare, come sindaco, di un piccolo luogo che l'accoglienza fosse unilaterale che riguardasse solo i rifugiati. Ho pensato che doveva riguardare anche gli abitanti del luogo", spiega. "Ecco che con gli stessi soldi abbiamo fatto quel di più, abbiamo realizzato il frantoio, la fattoria sociale, le case per il turismo dell'accoglienza. Ho cercato, in assenza dello Stato, di rispondere alle necessità dei giovani, per farli rimanere in questa terra e dare loro un'opportunità di lavoro. Ora tutto questo è diventato criminale".

In segno di solidarietà per l'ex sindaco di Riace condannato diverse manifestazioni sono state programmate in molte città italiane, come Genova e Firenze.

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