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Martedì, 23 Aprile 2024
Riace

Mimmo Lucano: perché il giudice ha raddoppiato la condanna

Il Tribunale di Locri lo ha condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, quasi raddoppiando la richiesta dei pubblici ministeri. Come si è arrivati a una pena così alta in primo grado? La sentenza ha sorpreso anche molti giuristi di esperienza. Le motivazioni arriveranno a fine dicembre, dopo 90 giorni. Alcune ipotesi si possono però fare

"Forse nemmeno a un mafioso…". Così Mimmo Lucano commenta la condanna a 13 anni e 2 mesi nel processo 'Xenia'. "Io non voglio disturbare più nessuno, mi ritiro da tutto - si sfoga Lucano -, non mi importa più, voglio solo evitare dispiaceri ai miei familiari e ai miei amici, se devo morire, non c’è problema. Io sono morto dentro oggi. Non c’è pietà, non c’è giustizia". Poi Lucano aggiunge: "Ribaltano completamente la realtà, la distruggono. Quando sono tornato dalle misure cautelari, perché mi avevano sospeso da sindaco e cacciato da Riace, i rifugiati mi aspettavano. Adesso Riace è finita". "Valutate voi con la vostra intelligenza se si tratta di un’ingiustizia – conclude -, io non ho nemmeno i soldi per pagare l’avvocato, se non fosse stato per i miei avvocati non avrei potuto permettermi nemmeno in viaggi per andare in Cassazione".

Riace, Mimmo Lucano: il giudice raddoppia la pena

 Il Tribunale di Locri lo ha condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, quasi raddoppiando la richiesta dei pubblici ministeri Michele Permunian e Marzia Currao (7 anni e 11 mesi). Come si è arrivati a una pena così alta in primo grado? La sentenza ha sorpreso anche molti giuristi di esperienza. Le motivazioni arriveranno a fine dicembre, dopo 90 giorni. Alcune ipotesi si possono però fare, perché ci sono già alcune certezze. 

Potrebbero aver pesato sulla quantificazione due fattori, in sintesi: il primo dovrebbe essere stato la separazione di due diversi gruppi di reati aventi lo stesso fine, invece i pm chiedevano di tenerli tutti insieme. Secondo, l'entità del peculato (800mila euro) potrebbe aver portato a una condanna superiore al minimo previsto: ma Lucano non si è messo in tasca un soldo, e ciò è stato già riconosciuto dal gip. 

Non c'è in questa vicenda alcun favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: l'accusa passata di aver organizzato "matrimoni di comodo tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano", è stata ritirata dai pubblici ministeri prima di arrivare a sentenza. Le condanne riguardano un lungo elenco di reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio: associazione per delinquere finalizzata a "commettere un numero indeterminato di delitti", falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato.

E' qui che forse sta la ratio: i pubblici ministeri nella loro richiesta di condanna li consideravano tutti uniti dal vincolo della continuazione, ovver "esecutivi di un medesimo disegno criminoso": in questi casi, per calcolare la pena, come spiega Paolo Frosina sul Fatto Quotidiano, "si prende quella inflitta per il reato più grave (pena base) e la si aumenta fino al triplo. Il reato più grave è il peculato, punito da quattro a dieci anni: l’accusa chiedeva di partire dal minimo, quattro anni, raddoppiandolo fino a quasi otto". I giudici invece hanno fatto una scelta diversa: hanno tenuti separati e distinti gli ambiti, "raddoppiando le pene base e aumentando di conseguenza l’entità della condanna. Il primo – il più grave – include associazione a delinquere, falso in atto pubblico, peculato e dieci diverse truffe aggravate, e da solo ha prodotto una pena di 10 anni e 4 mesi di carcere. Come ci si è arrivati? Per gli addetti ai lavori non partendo dalla pena di quattro anni, come chiesto dai pm, ma da una più alta. Perché? La ragione può trovarsi nel fatto che il peculato per cui è stato condannato Lucano riguarda una somma altissima che difficilmente giustifica una pena ridotta al minimo.

Ci sono poi 2 anni e 10 mesi per il secondo gruppo di reati, tre diverse condotte di abuso d’ufficio (reato più grave) e il falso in certificato per aver rilasciato una carta d’identità a una cittadina nigeriana non effettivamente residente a Riace. Così si arriva ai 13 anni e 2 mesi inflitti all’ex sindaco. A Lucano non sono state concesse nemmeno le attenuanti generiche.

Nel chiedere la condanna, il pubblico ministero di Locri, Michele Permunian, nel corso della sua requisitoria aveva affermato che "a Riace comandava Lucano. Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato". 

Lucano, appello solidarietà di deputati, senatori e europarlamentari

"Non è che io sia soddisfatto di tutti questi anni che il tribunale ha comminato. Noi ci eravamo tenuti sui minimi di legge possibili, il tribunale gli ha dato ben di più", così al Giornale radio Rai il procuratore di Locri Luigi d'Alessio commenta la condanna a Mimmo Lucano, ben superiore alla richiesta della Procura. "Le sentenze non si commentano, bisogna leggere le motivazioni, ma evidentemente la nostra ricostruzione non era così folle", spiega d'Alessio e aggiunge: "Umanamente mi dispiace per Lucano, ma è stato riconosciuto l'impianto accusatorio". 

Tantissime le dimostrazioni di vicinanza a Mimmo Lucano nelle scorse ore. Sono decine i deputati, senatori ed europarlamentari che hanno già sottoscritto l'appello di solidarietà  "Domenico Lucano, ex sindaco di Riace è stato condannato a 13 anni di carcere. Una condanna così ad un sindaco non ha colpito nemmeno i peggiori criminali in Italia. Mimmo non ha rubato un centesimo, non si è arricchito, non ha fatto del male, non ha sfruttato e questi sono i fatti che tutti conoscono bene! Fatti che emergono con innegabile chiarezza dal processo. C`è ancora da leggere bene la sentenza anche se secondo il quotidiano La Repubblica, Mimmo avrebbe la responsabilità di aver messo in piedi un sistema di accoglienza con la finalità di riceverne un inspiegabile vantaggio politico. Una condanna abnorme che ci pare incredibile. Certi che i futuri gradi di giudizio restituiranno piena dignità a Mimmo e alla sua storia gli rinnoviamo tutto il nostro sostegno".

"Una sentenza lunare e una condanna esorbitante che contrastano totalmente con le evidenze processuali", così, senza mezzi termini, gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Dacqua commentando la sentenza arrivata per il loro assistito Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace. "Oltre tredici anni di carcere - sottolineano in una nota - per un uomo come Mimmo Lucano che vive in povertà e che non ha avuto alcun vantaggio patrimoniale e non patrimoniale dalla sua azione di sindaco di Riace e, come è emerso nel corso del processo si è sempre impegnato per la sua comunità e per l'accoglienza e l'integrazione di bambini, donne e uomini che sono arrivati nel nostro Paese per scappare dalle guerra, dalle torture e dalla fame".cQuindi "è difficile comprendere come il Tribunale di Locri non abbia preso nella giusta considerazione quanto emerso nel corso del dibattimento, durato oltre due anni, che aveva evidenziato una realtà dei fatti ben diversa da quella prospettata dalla pubblica accusa". "Per ora purtroppo possiamo solo sottolineare che non solo la condanna, ma anche l'entità della pena inflitta a Mimmo Lucano sono totalmente incomprensibili e ingiustificate e - concludono - aspettare le motivazioni della sentenza per poter immediatamente ricorrere in appello nella convinzione che i successivi gradi di giudizio modificheranno una decisione che ci lascia attoniti".

"Occorre equilibrio e misura. Ero con Mimmo Lucano a Riace nel 2004, quando iniziò la sua straordinaria esperienza di sindaco, ho continuato idealmente a esserlo anche durante le vicende giudiziarie, culminate oggi con la condanna a 13 anni di carcere: sentenza pesantissima di cui attendiamo di conoscere le motivazioni" racconta oggi don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele. "Le leggi vanno rispettate - prosegue don Ciotti - ma viene da chiedersi di quali reati possa essersi macchiato Mimmo per meritare una simile condanna. Se le violazioni sono state commesse per facilitare l'accoglienza, senza tornaconti personali, sarebbe forse il caso di usare un minimo di riguardo. Si ripropone qui il contrasto che sin dai tempi antichi - valga su tutti l'esempio di Antigone - si è prodotto a volte tra le leggi dei codici e le leggi della coscienza. Cio' detto, e ribadita la mia umana vicinanza a Mimmo e alla sua compagna, mi auguro che al netto degli incidenti giudiziari non si disperda il prezioso patrimonio sociale e culturale rappresentato dall'esperienza di Riace", conclude don Ciotti. "Modello pionieristico di un'accoglienza capace di conciliare dignità, lavoro e sicurezza a beneficio di tutta la comunità.

Mimmo Lucano e la sentenza suicida (secondo Adriano Sofri)

"La condanna sarebbe stata penosa, salvo che si fosse ridotta al riconoscimento simbolico che, nell’intento di far bene e supplire all’incapacità di accoglienza pubblica, Lucano e la sua gente avevano trasgredito regolamenti e pastoie: come nella vicenda delle cooperative per i rifiuti e i loro favolosi asinelli - commenta sul Foglio Adriano Sofri - Sarebbe suonata odiosa, perché inutilmente crudele ed esemplare, se avesse accolto la richiesta della pubblica accusa. Ma la condanna pressoché raddoppiata non è solo il ripudio del buon senso confrontato con la lettera della legge, né la severità feroce che respinge come intrusa umanità e buon senso: è una bravata. Per far riuscire il calcolo, ha dovuto negare agli imputati, incensurati, le stesse attenuanti generiche, e negare la ovvia continuazione del reato". Sofri poi aggiunge: "Sapete che cos’è una sentenza suicida. E’ una sentenza deliberatamente assurda, e assurdamente motivata, per garantirsi l’annullamento nei gradi successivi. Un inganno vergognoso, di solito perpetrato per rivalersi da giudici togati e soprattutto dai giudici popolari dell’assise che abbiano imposto un’assoluzione non voluta dal presidente. Qui, dove tutto sembra ribaltato, la sentenza sfida l’assurdità a vantaggio dell’oltranza. Fama del piccolo sindaco, popolarità nazionale, classifiche internazionali che lo mettono al secondo posto fra i sindaci del pianeta, al quarantesimo dei cento personaggi più influenti, alla candidatura al Nobel: una carriera che va schiacciata col doppio della tracotanza".

Mimmo Lucano: "La mia popolarità li ha infastiditi"

"Dietro la mia condanna ci sono ombre poco chiare". Mimmo Lucano, all'indomani della sua sentanza di condanna a oltre 13 anni, commenta così la decisione del tribunale di Locri in un'intervista al Corriere della sera. "Un magistrato molto importante - aggiunge -, un politico di razza, hanno dall`inizio cercato di offuscare la mia immagine, il mio impegno verso gli immigrati, i più deboli". Alla richiesta di spiegarsi meglio, l'ex sindaco di Riace risponde così: "adesso è ancora presto, più avanti. Voglio prima leggere le motivazioni della sentenza. Mi aspettavo un`assoluzione piena. Io non mi sono mai lasciato intimidire da nessuno. Per ora hanno vinto loro, ma siamo solo al primo grado. Ci sarà l'appello".

"Già dall`inizio la mia popolarità, mai cercata, li ha infastiditi - prosegue -. Hanno voluto (e vogliono) che si parlasse solo di loro, delle loro attività, dei loro libri, delle loro inchieste. Io non ho avuto la notorietà perché me la sono cercata. Il mio impegno, il mio modo di aiutare il prossimo, sono stati gli argomenti che mi hanno reso popolare. A loro dava fastidio che i media, la politica, s'interessassero di quello che io facevo. Invidia pura. Diventata probabilmente anche rabbia quando la rivista Fortune mi ha assegnato quel riconoscimento e, soprattutto, quando la Rai ha voluto realizzare la fiction su Riace con Beppe Fiorello protagonista. Lì è scattato qualcosa che è alla base delle mie sventure giudiziarie".

Cos'era il modello Riace di Mimmo Lucano

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