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Venerdì, 29 Marzo 2024
Immigrazione

Ecco la prima nave privata per salvare i migranti: "La vita conta più dei soldi"

Regina Catrambone e suo marito Christofer, due assicuratori, hanno dato vita al Moas, "migrant offshore aid station". Con una nave super equipaggiata forniranno assistenza ai migranti in difficoltà: "Vogliamo essere di ispirazione"

ROMA - Era il tre ottobre 2013. Era quello che sarebbe diventato il giorno della "tragedia di Lampedusa". Trecentosessantasei morti e venti dispersi: la tragedia più grande nella storia dell'immigrazione. Quel giorno, racconterà poi il sindaco dell'isola, Giusi Nicolini: "Tre motopesca hanno fatto finta di non vederli per non infrangere le leggi inumane del nostro sistema normativo". Tre barche erano passate accanto a quella carretta del mare che affondava e avevano proseguito dritto, cancellando quasi del tutto le speranze dei migranti di poter sopravvivere. Da oggi potrebbe non succedere. 

Merito di Regina Catrambone, imprenditrice italiana trasferitasi a Malta, e di suo marito Christofer, un assicuratore statunitense. I due hanno finanziato, per la prima volta, l'idea di una nave privata per il primo soccorso dei migranti in difficoltà. La donna, da sette anni nell'isola del Mediterraneo, racconta di aver solo risposto all'appello lanciato da Papa Francesco in visita a Lampedusa, l'otto luglio di un anno fa: "Guardando dritto nella telecamera - ricorda Regina - diceva che tutti quelli che hanno la possibilità di aiutare i migranti dovevano farlo”. 

Così la coppia ha dato vita alla Moas, acronimo di "Migrant offshore aid station", che sarà operativa già dal prossimo mese. Regina e suo marito hanno acquistato in Virginia la Phoenix, poi ribattezzata Phoenix 1: un'imbarcazione di quarantatré metri ora attrezzata con droni e personale specializzato per poter intercettare le carrette del mare in difficoltà. Il tutto con grande professionalità perché la nave del Moas utilizzerà due droni Schiebel S-100 camcopter per localizzare in tempi record i gommoni in avaria e i migranti bisognosi di cibo, coperte e acqua. 

Non si tratta, sottolinea la coppia, di un'iniziativa in concorrenza con l'operazione Mare Nostrum, avviata dalla Marina italiana, né con la guardia costiera maltese, piuttosto di un intervento tampone fino all’arrivo delle autorità competenti. 

"Sono persone disperate – spiega la Catrambone all'agenzia 'Redattore sociale' – noi vogliamo soltanto essere sicuri che non muoiano nella loro disperazione. Molte persone mi dicono che sto solo sprecando soldi ma penso che si tratti di qualcosa di più della parabola del seminatore. Vogliamo essere di ispirazione ad altre persone, soprattutto in questo periodo di crisi economica in cui si tiene di più ai soldi che alla vita umana".

E proprio sull'investimento sostenuto da Regina e Christofer vige il massimo riserbo. Ma per il futuro la donna ha un sogno: che qualcuno - attraverso il crow founding - aiuti lei e suo marito nella loro missione. "Chiedere dei soldi prima - conclude la Catrambone - avrebbe significato perdere troppo tempo e la sensazione è che sia già troppo tardi".

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