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Venerdì, 19 Aprile 2024
Carceri

Detenuto muore, la famiglia denuncia: "Dopo la diagnosi di tumore non è stato curato"

Nonostante le condizioni di salute, dicono i parenti, il congiunto non e' stato curato. Antonino Vadala', 61 anni, è morto il 16 ottobre scorso all'ospedale Pellegrini di Napoli. Stava finendo di scontare una condanna a sette anni di carcere per associazione mafiosa

E' una vicenda giudiziaria complessa: malato di tumore e non curato.

La denuncia arriva dai famigliari di Antonino Vadala', 61 anni, morto il 16 ottobre scorso all'ospedale Pellegrini di Napoli. Stava finendo di scontare una condanna a sette anni di carcere per associazione mafiosa, dopo essere stato giudicato nel processo scaturito dall'operazione ''Bellu lavuru'' che fece luce sulle infiltrazioni della 'ndrangheta negli appalti sulla Ss 106.

E' stata presentata dai familiari dell'uomo una denuncia querela alla Procura di Napoli: nonostante le condizioni di salute, dicono i parenti, il congiunto non e' stato curato. La salma e' stata sequestrata e probabilmente in questa settimana verra' conferito l'incarico per l'autopsia.

I fatti: lo scorso agosto Vadala' si era sentito male nel carcere di Melfi e gli era stato diagnosticato un neurinoma acustico, una neoplasia vicino al cervelletto. Era stato portato all'ospedale San Carlo, gli era stata prescritta la radioterapia.

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Francesco Floccari, il legale che assiste la famiglia, aveva inoltrato istanza al Tribunale di Sorveglianza chiedendo il rinvio dell'esecuzione della pena e in via subordinata la concessione degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in una struttura altamente specializzata che era gia' stata individuata dai familiari

Però dopo due settimane il magistrato ha rigettato l'istanza motivandola col fatto che un altro istituto a Rionero in Vulture dove il detenuto era stato ricoverato (e i famigliari lamentano di non essere stati avvertiti) era in grado di applicare un'altra tecnica di cura. Nel decreto però non ha disposto il ricovero bensi' il rientro del malato nel carcere di Melfi. Le condizioni dell'uomo si sono aggravate nel tempo, a causa anche di una polmonite che lo ha debilitato ulteriormente. Poiché in quell'istituto penitenziario non era possibile curarlo, è stato trasferito al carcere di Secondigliano ma anche li' le difficolta' erano oggettive, non trattandosi di una struttura sanitaria.

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Il 25 settembre il legale ha inoltrato una nuova istanza facendo presente che la situazione era grave e finalmente il 3 ottobre il magistrato di sorveglianza ha accolto la richiesta. Ma ormai la situazione era talmente grave che non e' stato possibile notificargli l'atto. Antonino Vadala' nel frattempo era stato ricoverato nel reparto di rianimazione prima all'ospedale Cardarelli di Napoli e poi al Pellegrini. Li' e' deceduto il 16 ottobre.

Carmelo Vadala', il figlio, anch'egli detenuto perche' coinvolto nella stessa operazione di polizia e condannato a sei anni e sei mesi di carcere, aveva chiesto di poter incontrare il padre in via eccezionale considerato che stava male. Il permesso non gli fu dato perche', raccontano i familiari, l'amministrazione competente aveva giustificato l'insussistenza di imminente pericolo di vita.

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Ora i parenti di Antonino Vadala' hanno sporto denuncia querela ''perche' anche se lui era colpevole, stava scontando la sua condanna. Sarebbe uscito tra pochi mesi. Ma qui sono stati calpestati i diritti umani e speriamo che non debba capitare piu' a nessuno''.

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