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Venerdì, 29 Marzo 2024
TRATTATIVA STATO-MAFIA

Trattativa Stato-mafia, Napolitano ai giudici: "Non ho niente da dire"

Il capo dello Stato invia una lettera alla corte d'Assise di Palermo, che lo ha chiamato a deporre: "Da D'Ambrosio non ebbi alcun ragguaglio"

ROMA - Il capo dello Stato Giorgio Napolitano non ha nulla di utile da dire sulla trattativa Stato-mafia. «Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire», ha scritto il presidente della Repubblica in una lettera inviata alla Corte d’Assise di Palermo che celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia.

Il capo dello Stato, su richiesta della Procura, era stato citato come teste per riferire di una lettera ricevuta dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio. La lettera del capo dello Stato è stata depositata dal presidente della Corte questa mattina.

«Dei problemi relativi alle modalità dell’eventuale mia testimonianza - aggiunge il presidente della Repubblica - la corte da lei presieduta è peraltro certamente consapevole come ha, nell’ordinanza del 17 ottobre, dimostrato di esserlo, dei “limiti contenutistici” da osservare ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012». «L’essenziale è il non avere io in alcun modo ricevuto dal dottor D’Ambrosio qualsiasi ragguaglio o specificazione circa le “ipotesi”, solo “ipotesi” da lui enucleate» si legge ancora nella lettera. Napolitano esclude di aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, Loris D’Ambrosio, anche sul “vivo timore” a cui questi «ha fatto - scrive il presidente della Repubblica - il generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno».

Proprio sulla missiva ricevuta da D’Ambrosio, finito nelle polemiche per alcune sue conversazioni intercettate con l’ex ministro Nicola Mancino, è stato chiamato a deporre il capo dello Stato. «Né io avevo modo e motivo, neppure riservatamente- precisa Napolitano - di interrogarlo su quel passaggio della sua lettera. Né mai, data la natura dell’ufficio ricoperto dal dottor D’Ambrosio durante il mio mandato, come anche durante il mandato del presidente Ciampi, ebbi occasione di intrattenermi con lui su vicende del passato, relative ad anni nei quali non lo conoscevo ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafia».

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