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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il caso / Como

Perché si parla di nuovo di Olindo Romano e Rosa Bazzi e della strage di Erba

Sono stati condannati in via definitiva all'ergastolo per il quadruplice omicidio dell'11 dicembre 2006. Ora il procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, ha avanzato la richiesta di revisione del processo per l'eccidio di Erba. E i difensori avrebbero nuove prove

C'è un nuovo testimone nella strage di Erba e offre una pista alternativa sui colpevoli. Lo sostiene la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi condannati all'ergastolo in via definitiva per la morte di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouz di 2 anni, della nonna del piccolo Paola Galli e di una vicina di casa Valeria Cherubini, accorsa nell'appartamento di via Diaz la sera dell'11 dicembre 2006. Il marito Mario Frigerio - unico superstite e testimone oculare del quadruplice omicidio - è morto nel settembre del 2014.

La strage di Erba 

Dal 2006 il nome della città in provincia di Como è rimasta indelebilmente legata a questo fatto di cronaca nera. Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti i responsabili della strage, vennero fermati l'8 gennaio 2007 e arrestati dopo meno di 24 ore e un estenuante interrogatorio. Anche se inizialmente avevano confessato, Bazzi e Romano da anni si dichiarano innocenti. Il principale accusatore è Mario Frigerio, colpito con un fendente alla gola e creduto morto dagli assalitori, riuscì a salvarsi grazie a una malformazione congenita che impedì al coltello di recidere la carotide. 

Il programma di Italia 1 Le Iene, in una puntata dal titolo forte, "Scommettiamo che Rosa e Olindo sono innocenti?", ha messo in dubbio tre "pilastri" accusatori: il riconoscimento dell'unico testimone oculare, il ritrovamento di una macchia di sangue e le due prime confessioni. Per Le Iene ci sono troppi errori nelle confessioni - poi ritrattate - di entrambi, così come nelle indagini, e anche Frigerio sarebbe stato imboccato nell'interrogatorio: il nome di Olindo lo avrebbe fatto solo in un secondo momento, dopo averlo sentito dal carabiniere. Tutte ipotesi, però, che nei vari processi non sono mai state avallate. Le versioni di Rosa Bazzi e Olindo Romano secondo Le Iene coincidono: si sono presi la colpa perché incalzati dagli inquirenti, convinti che ormai sarebbero stati condannati e sperando così di ottenere agevolazioni, in primis quella di restare insieme. 

Olindo è tornato recentemente a parlare dal carcere di Opera, dove sta scontando la sua pena, dopo 16 anni dall'arresto. Dopo la sentenza della Cassazione, arrivata il 4 maggio del 2011, gli avvocati hanno lavorato a lungo - con un pool di esperti - per cercare di ribaltare una condanna su cui nessuno dei giudici ha mai espresso un dubbio. 

Il nuovo testimone

Le indagini difensive hanno portato a rintracciare, pochi mesi fa, un uomo tunisino, finito in un'inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (compagno e padre di due delle vittime), il quale avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell'agguato all'interno dell'appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi.

Un elemento che, insieme alle presunte incongruenze e anomalie di un'indagine, porta la difesa a provare a smontare - dopo quasi 17 anni dai fatti - le tre prove (le confessioni dei coniugi, le parole del testimone che riconosce Olindo e la macchia di sangue della Cherubini nell'auto della coppia) che costringono in carcere i coniugi Romano. Un lavoro che si è servito degli strumenti offerti dai progressi della scienza e della tecnologia e che sono riassunti in due corpose consulenze multidisciplinari e una consulenza biologico-genetica forense. "Ogni singolo elemento di prova non regge e ora i nuovi elementi raccolti vanno a intaccare la condanna" spiegano gli avvocati Fabio Schembri, Nicola D'Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello.

Olindo Romano e Rosa Bazzi nella gabbia dell'aula durante il processo

I legali ripropongono testimonianze, verbali, rilievi, audio e video da sempre presenti nell'inchiesta, ma a loro dire, mai davvero analizzati, valorizzati o compresi fino in fondo. Si parte dal ricostruire le versioni di Frigerio che passa dal non ricordare, a offrire l'identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa. Una memoria falsata, così come "false", indotte, sono le confessioni di Olindo e Rosa. Nella corposa documentazione dei legali c'è un paragrafo dedicato alle intercettazioni 'scomparse' in ospedale e a casa dei coniugi Romano, così come viene messe in discussione, la "genuinità" della macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell'auto di Olindo. Non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato. Se su quella traccia ematica finora la difesa ha fatto un atto di fede, ora fa marcia indietro: quella traccia non esiste, "è una suggestione ottica".

Ma soprattutto stupisce che in quella 'mattanza', in quel "bagno di sangue", i due condannati siano riusciti a non lasciare alcuna loro traccia in casa delle vittime e a non 'portare' alcuna traccia nella loro abitazione. In discussione c'è anche la dinamica della morte della Cherubini, che lascia supporre che gli aggressori siano ancora presenti all'arrivo dei primi soccorritori accorsi per spegnere le fiamme. E nella lunga contro inchiesta ritornano gli elementi distrutti dopo la sentenza definitiva (su cui la difesa aveva chiesto accertamenti).

L'istanza del pool degli avvocati difensori era annunciata da tempo ed è una iniziativa diversa da quella della Procura generale di Milano che sta valutando anch'essa se chiedere la revisione del processo.

"Mario Frigerio non è attendibile"

Il pubblico ministero Cuno Tarfusser - che ha avanzato la richiesta di revisione del processo - sottolinea come il contesto in cui sono maturate le prove a carico degli imputati sia "un contesto che definire 'malato' è fare esercizio di eufemismo". La richiesta di revisione è legata a due delle quattro ipotesi, previste dall'articolo 630 del codice di procedura penale, ovvero, "la scoperta di 'nuove prove' successivamente alla condanna tale da dimostrare che i condannati debbano essere prosciolti (lettera c) e quella, in parte discendente quale conseguenza delle 'nuove prove', di cui alla lettera d, ovvero la dimostrazione che la condanna venne pronunciata in conseguenza anche di falsità in atti o in giudizio".

Chi sostiene la colpevolezza di Olindo e Rosa usa l'unico sopravvissuto alla strage di Erba come prova schiacciante. Ma secondo il pg di Milano Mario Frigerio, che nella strage di Erba ha perso la moglie Valeria Cherubini, non sarebbe attendibile. "Il peggioramento della condizione psichica e i deficit cognitivi manifestati da Mario Frigerio nel corso della degenza ospedaliera, le errate tecniche di intervista investigativa dense di numerosissime suggestioni su di lui attuate e la palese violazione di precise e note leggi scientifiche in materia di memoria e di riconoscimento di volti dimostrano in modo incontrovertibile che la memoria riguardante Olindo Romano quale suo aggressore è una falsa memoria e che Mario Frigerio era soggetto inidoneo a rendere valida testimonianza circa i fatti avvenuti la sera dell'11 dicembre 2006" si legge nel documento della procura.

Olino Romano e Rosa Bazzi Foto la presse

Le conclusioni dei legali - così come quelle che arriveranno dalla procura generale di Milano - dovranno superare un primo vaglio di ammissibilità da parte dei giudici di Brescia, solo dopo potrebbe essere fissata un'udienza per decidere se il caso va riaperto.

Le reazioni 

La notizia ha suscitato sgomento da parte di Beppe Castagna che in quella mattanza hanno perso la madre Paola Galli, la sorella Raffaella e il nipote Youssef Marzouk di soli 2 anni. "Abbiamo sopportato le incursioni di troupe televisive per settimane, fino a casa e anche durante i funerali. Non ci saremmo mai accontentati di due capri espiatori. E trovo offensivo chi lo voglia pensare. Abbiamo seguito tutti i processi, ogni volta ripercorrendo il martirio dei nostri cari, convincendoci senza orma di dubbio della colpevolezza dei coniugi Romano. Prove abbondanti mai confutate in 3 gradi di giudizio. Ora un sostituto procuratore, probabilmente condizionato dalla campagna mediatica de Le Iene, sta valutando la riapertura del caso. Se si tratterà di una persona seria e preparata non potrà che archiviare l'ennesima assurda richiesta, dannosa per tutti, coadiuvata dalla ultima, più potente sponsorizzatrice delle cause perse, la trasmissione Le Iene", ha detto. 

rosa olindo

"Parlare di questa storia fa ritornare a galla il dolore di chi l'ha vissuta sulla pelle, ci sono delle vittime che osservano in silenzio quello che succede e altre che si lamentano dicendo che così si getta sale sulle ferite, ma questo non può essere l'unico argomento per tacere sulla verità" si difende Antonino Monteleone, giornalista de 'Le Iene' che in una contro inchiesta televisiva ha messo in luce tutti i dubbi sulla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi. 

"Usare quello che si chiama 'Argumentum ad misericordiam' ossia far leva sulla pietà, ricordando che c'è qualcuno che soffre, come se non lo sapessimo, non è accettabile e non può essere usato contro la stampa che non fa un lavoro per avere consenso o compiacimento, ma cerca la verità anche quando presenta lati acuminati. Non sono 'un demente o un farabutto' come sostiene Beppe Castagna che più volte, insieme al fratello Pietro, ho invitato a parlare" spiega. "Sono soddisfatto di aver mostrato gli atti rimasti fuori dal processo, di aver fatto emergere discrepanze, di aver stimolato lo spirito critico. Bisogna superare l'idea che non esistano errori giudiziari, così come che un giornalista non possa intervenire dopo una sentenza definitiva" conclude.

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