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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Caserta

Omicidio Della Gatta, 30 anni a Zagaria e Schiavone: ne sono occorsi 23 per condannarli

Si è fatta luce su un delitto servito per tutelare i rampolli di casa Sandokan e, al tempo stesso, dare soddisfazione agli Amato

Il giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Napoli Giovanni De Angelis – in data odierna e con rito abbreviato - ha condannato a 30 anni di carcere i boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria e Vincenzo Schiavone alias "Petillo", imputati per l'omicidio di Michele Della Gatta, affiliato alla cosca e ucciso in un lido di Castel Volturno nel 1999. Il gup ha inoltre inflitto 10 anni e otto mesi ad Antonio Iovine, detto "o Ninno", ex capo dei Casalesi divenuto collaboratore di giustizia. Sono occorsi la bellezza di 23 anni, dunque, per avere la condanna degli esecutori materiali del delitto. Un lasso di tempo così enorme che anche la relativa indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli si chiuse con un'archiviazione. Solo grazie all’apporto dei collaboratori di giustizia del clan, in primis Nicola Schiavone, primogenito del capo dei Casalesi Francesco «Sandokan» Schiavone, e quindi lo stesso Antonio Iovine, è stato possibile riportare in auge il delitto Della Gatta e aprire nuovi e importanti scenari.

Iovine: "Il delitto di Amato preoccupava molto me e Zagaria" 

È emerso che Michele Zagaria (difeso da Paolo Di Furia) e appunto Antonio Iovine furono i mandanti del delitto, mentre Vincenzo Schiavone fu l'esecutore materiale. Il delitto, avvenuto il 5 giugno 1999, era strettamente connesso ad un altro fatto di sangue accaduto tre mesi prima, il 19 marzo dello stesso anno, ovvero l’omicidio di Carlo Amato, figlio del boss Salvatore Amato, che allora controllava la città di Santa Maria Capua Vetere: "Ricordo che subito dopo la commissione dell'omicidio di Carlo Amato, Nicola Panaro, a mio avviso per salvaguardare la posizione del fratello Paolo e del figlio di Francesco Schiavone, attribuì la responsabilità dell'omicidio proprio a Della Gatta”, ha raccontato Antonio Iovine, come riportano i colleghi di Caserta News. “Il delitto di Amato, infatti, preoccupava molto anche me e Zagaria che, considerato il legame esistente in quel momento con Francesco Schiavone, eravamo certo interessati a salvaguardare le sorti del figlio Walter. In considerazione di questo fatto e della circostanza che io e Zagaria premevamo per eliminare Della Gatta, il destino di quest'ultimo fu segnato".

Ucciso per evitare una vendetta che sarebbe stata ancora più sanguinosa

Il nome di Carlo Amato emerse praticamente subito dalle indagini della Dda. Fu pestato e accoltellato mortalmente proprio da Michele Della Gatta, che allora era esponente del clan Schiavone. L’aggressione avvenne in una discoteca di Santa Maria dove era in corso il «MakP 100» del liceo scientifico Amaldi; la festa era stata organizzata dall'allora 18enne Walter Schiavone, figlio di Sandokan, ovviamente presente. Stando a quanto emerse dalle ricostruzioni degli inquirenti, pare che Carlo Amato avesse offeso Walter Schiavone e il fratello Nicola. Per questo motivo, Della Gatta reagì aggredendo e assassinando Amato. Il padre di quest'ultimo voleva quindi vendicarsi colpendo uno dei figli di Sandokan, così i capi del clan dei Casalesi, per evitare sanguinose vendette e dunque una probabile faida, decisero di uccidere Della Gatta. Ora, a distanza di 23 anni, si è fatta luce su un delitto che, di fatto, ha raccontato la storia di un “capro espiatorio”, servito soltanto per tutelare i rampolli di casa Sandokan e, al tempo stesso, dare soddisfazione agli Amato.

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