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Venerdì, 19 Aprile 2024
Faenza / Ravenna

Ilenia Fabbri è stata uccisa due volte

"Guarda che se mi trovano morta è stato Claudio": risuonano macabramente profetiche le frasi riferite dai testimoni e pronunciate da Ilenia Fabbri, la 46enne uccisa il 6 febbraio 2021 nel suo appartamento a Faenza. Eppure un'ordinanza la obbligava a vivere insieme a quello che sarebbe diventato il suo sicario

"Mi farà ammazzare da qualcuno, lo pagherà anche poco". "Guarda che se mi trovano morta è stato Claudio". "Mi murerà viva". "Mi troverò qualcuno a casa, mi farà la festa". "Mi farà ammazzare senza sporcarsi le mani". "Gli darà 2000 euro, perché la mia vita vale così poco per lui". "A lui non gliene frega niente nè di me nè di mia figlia, gli interessa solo vedermi strisciare".

Quante sono ogni giorno in Italia le donne uccise - o fatte uccidere - dal marito che avevano previsto e preannunciato il loro omicidio agli amici? Quante volte quelle richieste di aiuto sono state minimizzate, prese come semplici sfoghi a cui non dare troppo peso? A quanti è capitato di essere poi logorati dal senso di colpa, di pensare "se solo l'avessi ascoltata..."? Risuonano macabramente profetiche le frasi riferite dai testimoni e pronunciate da Ilenia Fabbri, la 46enne uccisa il 6 febbraio 2021 nel suo appartamento a Faenza. Per quell'omicidio sono stati condannati all'ergastolo Claudio Nanni, 55enne inquadrato quale mandante del delitto, e il sicario reo confesso Pierluigi Barbieri, alias 'lo Zingaro', 54enne originario di Cervia ma domiciliato nel Reggiano. In quelle frasi, infatti, i propositi omicidiari nei confronti della vittima sono espressamente dichiarati.

Ilenia - e ciò è parso chiaro fin da subito - è stata uccisa per soldi: Nanni avrebbe cioè voluto sottrarre alla ex moglie, da cui si stava separando, la sua quota di patrimonio coniugale. Ilenia aveva inoltre chiesto all'ex marito 100mila euro per gli anni trascorsi a lavorare per lui nella sua officina. Una somma - tra patrimonio coniugale, stipendi non pagati per anni e la villa dell'omicidio da 300mila euro contesa tra i due ex coniugi - che si aggirava intorno al mezzo milione. Il 26 febbraio 2021 i due si sarebbero dovuti rivedere in tribunale: ma Ilenia è stata uccisa pochi giorni prima dell'udienza. Nanni era ossessionato dalla causa di lavoro, e Ilenia lo sapeva: conosceva il marito talmente bene da percepire lucidamente la situazione di pericolo in cui si trovava. Ilenia oggi non può più parlare, ma al suo posto parlano gli amici e i parenti, riferendo le parole della vittima che esprimono un sinistro presagio e che fanno capire quanto la vendita della casa e le questioni economiche a essa collegate siano state decisive nel disegno omicidiario.

L'insolita ordinanza e la convivenza forzata 

Leggendo le oltre 100 pagine di motivazioni che hanno portato la Corte d'Assise del tribunale di Ravenna a emettere la sentenza di doppio ergastolo, colpisce in particolar modo una cosa. Non la "spietatezza dell'omicidio", non la "certosina pianificazione", non i tentativi "sconclusionati" dell'ex marito di scaricare tutta la colpa sul sicario. No. Quello che colpisce maggiormente e che lascia sbigottiti è un dettaglio molto più formale, al quale vengono dedicate ben 12 pagine della sentenza. È quella che il Pubblico Ministero Angela Scorza durante il processo definisce "sciagurata ordinanza presidenziale che obbliga due coniugi in profondo conflitto tra loro a vivere insieme" nel corso della separazione.

Nel 2017 infatti, durante le fasi della separazione, Ilenia chiede l'affidamento della figlia di 17 anni e l'assegnazione della casa coniugale (provvedimenti tipici di tale fase processuale) - casa peraltro intestata a lei al 99% e solo per l'1% al marito. Ma qui avviene qualcosa di molto, molto insolito: viene emessa un'ordinanza presidenziale che stabilisce che i due coniugi, ormai ex, rimanessero a vivere entrambi nella loro casa sine die, cioè fino a quando non avessero trovato un acquirente. Cosa davvero anomala: nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto se c'è un minore, l'immobile viene assegnato a un coniuge e l'altro deve uscire. Per il giudice, però, quell'immobile era "l'unica possibilità per assicurare a entrambi i coniugi la liquidità necessaria per affrontare le criticità economiche di una separazione"; situazione comune a tantissime separazioni per cui, su tale presupposto, mai allora i giudici dovrebbero accedere all'assegnazione del domicilio coniugale. E senza tener conto del fatto che Nanni possedesse anche un'officina e un immobile a Brisighella, nel quale avrebbe potuto trasferirsi fin da subito. Non importa se l'avvocato di Ilenia avesse riferito che quella coabitazione stava costringendo "questo disgregato nucleo familiare a una convivenza che ha assunto contorni di pericolosità": il giudice impone ai coniugi di restare a vivere insieme fino alla vendita della casa, il cui ricavato oltretutto sarebbe dovuto essere diviso al 50% tra i due.

Dopo questa decisione, le cose per Ilenia non fanno che peggiorare. "Nanni si sentì galvanizzato da questa cosa, e in quel lasso di tempo la convivenza ha dato il peggio", riferisce l'avvocato di Ilenia Stefania Sangiorgi, come riportato nella sentenza. Tanto che Nanni iniziò ad aggredire fisicamente l'ex moglie proprio a partire da ottobre 2017 (subito dopo l'ordinanza presidenziale): Ilenia manda all'avvocato foto che mostrano segni rossi nel collo e nelle braccia e dice "Sono andata in questura, ho detto che ho paura". Ma non succede nulla, le dicono di tornare il giorno dopo perchè è una situazione che può aspettare. E allora Ilenia si rivolge a un centro antiviolenza, ma anche in questo caso è un nulla di fatto. Ilenia tenta di urlare, di farsi sentire in ogni modo, ma nessuno la ascolta: e allora la povera donna è costretta a restare in casa con l'orco anche dopo essere stata dimessa dall'ospedale con 8 giorni di prognosi in seguito alle violenze subite dal marito.

Quell'ordinanza presenta diversi aspetti "incomprensibili", come scrive il presidente della Corte Michele Leoni nella sentenza che sottolinea anche "l'impatto che una simile ordinanza verosimilmente ebbe nei rapporti fra i due coniugi, stante l'escalation di tensioni e violenze da parte del Nanni che si verificò proprio dopo l'emissione di questo provvedimento. Il Nanni infatti ne trasse la spinta per ulteriori prepotenze e prevaricazioni". Tanto che la Corte di Cassazione ha affermato che la domanda di separazione è di per sè "indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell'intollerabilità della convivenza". In sostanza: se ci si sta separando, non è possibile pensare di continuare a vivere sotto lo stesso tetto (tantomeno se ci sono stati episodi di violenza). E invece in questo caso viene imposto proprio questo. L'autorizzazione concessa a Nanni di continuare a vivere nella casa con la moglie, nella sostanza, rappresenta quindi una sorta di "sfratto" per Ilenia, che per allontanarsi dalle violenze del marito non può fare altro che abbandonare la casa. Cosa che non avviene, in quanto Ilenia non ha un altro posto in cui andare.

Una situazione "sempre più esplosiva" e la "soluzione finale"

Com'è possibile che una donna che è già vittima di violenza fisica, psicologica ed economica debba ritrovarsi a essere vittima anche di un organo di giustizia quale un tribunale e di un'ordinanza insolita? Le parole del presidente della Corte in merito a quell'ordinanza, che definisce "abnorme e invasiva", sono durissime: "Si trattò di un provvedimento non solo illegittimo, ma anche incredibilmente a favore dell'elemento maschile della coppia, suscettibile di incidere pesantemente sui rapporti di forza fra i due coniugi, in pregiudizio di Ilenia. Fu in pratica conferito a Nanni una sorta di diritto potestativo unilaterale in merito alla vendita della casa". Ilenia fu così messa in una situazione "di inferiorità e di grave esposizione. Le fu imposto di subire la presenza del marito in casa contro la propria volontà, in una situazione che diveniva sempre più esplosiva di ora in ora, e anche di dover vendere la casa coniugale secondo quote di proprietà prestabilite da un giudice incompetente". La convivenza forzata ebbe un "effetto devastante". Se l'effetto dell'ordinanza su Nanni è "galvanizzante", su Ilenia fa l'effetto contrario, chiarisce la sentenza: "Ne ricavò un disperante senso di ingiustizia e, per converso, probabilmente il Nanni ne trasse un senso di onnipotenza e di impunità. Infatti dopo l'ordinanza l'arroganza e la perfidia di Nanni salirono assai di livello".

Claudio Nanni durante l'interrogatorio in Corte d'Assise a Ravenna -2

Claudio Nanni durante l'interrogatorio in Corte d'Assise a Ravenna 

In sostanza, già in questa fase Ilenia subisce un primo tentativo di strangolamento. Ma lei, nonostante tutto, nonostante le violenze, le minacce, le richieste d'aiuto cadute nel vuoto, non si arrende e sporge reclamo alla Corte d'Appello di Bologna per ottenere l'assegnazione della casa. A quel punto Nanni, prima della decisione della Corte (probabilmente immaginando che le cose sarebbero andate a favore dell'ex moglie), il 1 maggio 2018 lascia la casa. Ma ormai è troppo tardi: "Quel periodo segnò un pericoloso salto qualitativo in peggio nelle relazioni fra i due ormai ex coniugi. L'ostinata resistenza di Ilenia durante la convivenza, nonostante la sudditanza psicologica in cui era stata sprofondata, portarono il Nanni a concepire una diversa "soluzione finale" di tutte le controversie fra i due", scrive il giudice nella sentenza. Quale sia quella diversa "soluzione finale", oggi, lo sappiamo bene. Ilenia, invece, lo ha sempre saputo.

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