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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Siracusa

Rifiuta di dare 20 euro al compagno, lui la uccide dandole fuoco: incastrato dal figlio

Laura Tirri è morta dopo 18 giorni di agonia il 25 marzo: a mesi di distanza gli agenti Polizia di Stato di Pachino hanno arrestato il compagno Sebastiano Iemmolo. Ad incastrarlo le intercettazioni con la madre e il drammatico racconto del figlioletto

Gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Pachino hanno arrestato Sebastiano Iemmolo: sul 36enne residente a Rosolini in provincia di Siracusa pende l'accusa di aver causato la morte della compagna 32enne Laura Tirri, morta dopo 18 giorni di agonia nel reparto di rianimazione del Civico di Palermo con il 40% del corpo coperto da gravissime ustioni.

Secondo la ricostruzioni degli inquirenti il 7 marzo scorso l'uomo, già noto alla Polizia per i suoi numerosi precedenti, al termine di una lite avrebbe cosparso il corpo della compagna con del liquido infiammabile dandole poi fuoco con un fornellino. 

L'uomo aveva tentato poi di nascondere la violenza per un incidente domestico causato dallo scoppio accidentale di una bomboletta del gas, ma ad incastrarlo è stato il racconto del figlio della coppia che aveva assistito alla violenza. 

L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Giudice per le indagini preliminiari del Tribunale di Siracusa, Michele Consiglio su richiesta della Procura della Repubblica, sulla base di gravi indizi raccolti dagli ufficiali del Commissariato di Pachino.

A dare origine alle indagini la denuncia dei familiari della vittima, convinti che la morte della donna avvenuta il 25 marzo 2017 non fosse dovuta allo scoppio accidentale di una bomboletta del gas, ma era stata la conseguenza dell’ennesimo atto di violenza subito dalla giovane donna da parte del compagno.  La madre della vittima, accorsa in aiuto della figlia, aveva infatti saputo dal proprio nipotino che ad appiccare il fuoco a Laura era stato proprio Iemmolo.

Fondamentali sono state anche le dichiarazioni dei parenti e degli abitanti dello stabile in cui viveva la coppia, testimoni delle ripetute violenza, nonché dei risultati di intercettazioni telefoniche e ambientali all’interno dell’abitazione della madre dell’indagato in cui, dopo il sequestro dell’immobile, lo stesso era andato a vivere. Madre e figlio avevano infatti concordato una "seconda verità" di comodo da fornire quando fosse giunto il momento.

Inoltre proprio le conversazioni intercettate hanno consentito di ricostruire anche il movente dell’omicidio: il diniego ad una modesta richiesta di denaro, circa 20 euro, avanzata alla  vittima dal compagno. 

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