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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Napoli

Madre coraggio uccisa per aver denunciato i pedofili: dopo 14 anni arrestato il mandante dell'omicidio

Francesco Tamarisco, boss della famiglia di narcos dei "Nardielli", è accusato di aver ordinato il delitto di Matilde Sorrentino, uccisa nel 2004

La sera del 26 marzo 2004 Matilde Sorrentino fu uccisa brutalmente a colpi d'arma da fuoco sulla porta di casa sua, a Torre Annunziata. Sette anni prima era stata tra i testimoni decisivi che avevano permesso agli inquirenti di smascherare una banda di pedofili nel popolare "rione Poverelli" a Napoli. Le sue dichiarazioni, insieme a quelle di altre due madri, portarono all'arresto e alla condanna di 19 imputati. Tra di essi c'era anche Francesco Tamarisco, assolto in appello ma che, secondo gli investigatori, non "gradì" l'accusa e ordinò l'assassino della donna compiuto materialmente da Alfredo Gallo, poi condannato in via definitiva all'ergastolo per il delitto. 

A distanza di quattordici anni, come scrive Vincenzo Sbrizzi su NapoliToday, il gip del tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della procura, ha ordinato questa mattina l'arresto proprio di Tamarisco, a capo dei "Nardielli", un' organizzazione di narcotrafficanti della zona: è ritenuto il mandante dell'omicidio. 

Pedofilia, omicidi e minacce

Nel 1995 tre bambini di una scuola elementare di Torre Annunziata vennero abusati da un gruppo di pedofili, che li stordirono con degli alcolici e poi li minacciarono con delle sirighe per violentarli e filmarli. Tra questi c'era anche Salvatore, il figlio di appena sette anni di Matilde Sorrentino, che insieme alle altre due mamme denunciò i responsabili.

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Tra il 26 e il 27 luglio 1999, nell'arco di appena dodici ore, vennero trucidiati a Torre Annunziata due soggetti ritenuti tra i principali protagonista dei "pedofili del rione Poverelli". Si trattava di Ciro Falanga e Pasquale Sansone, nel frattempo rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, benché condannati rispettivamente a 15 e 13 anni di reclusione. "Le loro uccisioni vennero considerate il modo di lavare nel sangue i loro delitti sui minori ad opera dei clan che non potevano sopportare che tale onta aleggiasse sul proprio rione", ricorda Sbrizzi. 

Nel 2004 Matilde Sorrentino fu uccisa sotto gli occhi del figlio Salvatore, che riconobbe il killer. Salvatore e il fratello maggiore Giuseppe hanno passato gli anni successivi in fuga, come i testimoni di giustizia. Pochi mesi dopo l'omicidio, anche il marito di Matilde morì, stroncato da un infarto. A Giuseppe, di nove anni più grande, fu affidato Salvatore. Qualche anno dopo il programma di protezione finì e i due fratelli si ritrovarono abbandonati a loro stessi e non vennero riconosciuti come vittime di camorra mentre per i loro avvocati "le persone coinvolte avevano ricevuto condanne per camorra e risultano legati a Gionta e altri clan".  L'anno scorso Salvatore ha ottenuto dallo Stato un risarcimento di 800mila euro perché gli era stato "negato il diritto all'infanzia". 

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