Così hanno ucciso Giulio: le accuse dell'Italia all'Egitto per l'omicidio Regeni
Il racconto dei testimoni: "Torturato nella stanza 13". La morte avvenuta dopo 10 giorni. Quattro agenti dei servizi segreti egiziani che avrebbero sequestrato il ricercatore italiano nel 2016. "Ma Il Cairo non collabora, 13 ancora da identificare"
L'omicidio di Giulio Regeni fu un atto volontario e autonomo. Nel 2016 il giovane ricercatore italiano fu seviziato con acute sofferenze fisiche "in più occasioni ed a distanza di più giorni". È quanto emerge nell'atto di conclusione delle indagini con cui la Procura di Roma, con il procuratore capo Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco, contestano al maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, oltre al reato di sequestro di persona pluriaggravato, anche il concorso in lesioni personali aggravate e in omicidio aggravato.
Regeni torturato per giorni
"Per motivi abietti e futili e abusando dei suoi poteri, con crudeltà, cagionava a Giulio Regeni lesioni" e "la perdita permanente di più organi, seviziandolo - si legge nell'atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio - con acute sofferenze fisiche, in più occasioni ed a distanza di più giorni" attraverso strumenti taglienti e roventi "con cui gli cagionava con numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico dorsale e degli arti inferiori; attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci o pugni e l'uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni, mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso contro superfici rigide ed anelastiche".
"Al fine di occultare la commissione dei delitti, abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva esercitata sui vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte".
Omicidio Regeni, il racconte del testimone chiave
"Ho visto Giulio ammanettato a terra con segni di tortura sul torace". È questa una delle cinque testimonianze che il sostituto procuratore Sergio Colaiocco ha riportato davanti alla commissione parlamentare di inchiesta. "Ho lavorato per 15 anni nella sede della National Security dove Giulio è stato ucciso. È una villa che risale ai tempi di Nasser, poi sfruttata dagli organi investigativi. Al primo piano della struttura c'è la 'stanza 13' dove vengono portati gli stranieri sospettati di avere tramato contro la sicurezza nazionale. Il 28 o 29 gennaio e ho visto Regeni in quella stanza con ufficiali e agenti", ha raccontato il testimone.
"C'erano catene di ferro con cui legavano le persone, lui era mezzo nudo e aveva sul torace segni di tortura e parlava in italiano. Delirava, era molto magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato. Dietro schiena aveva dei segni, anche se sono passati quattro anni ricordo quella scena. L'ho riconosciuto alcuni giorni da foto sui giornali e ho capito che era lui".
Omicidio Regeni: chiuse le indagini
Per ora sono 4 gli agenti dei Servizi segreti egiziani a rischio di processo mentre è stata richiesta l'archiviazione per un altro '007'. Questo l'esito delle indagini dei Carabinieri del Ros e dei poliziotti dello Sco. Giulio Regeni sarebbe stato privato della libertà per nove giorni rimanendo nelle mani dei suoi sequestratori. La procura di Roma contesta a quattro 007 egiziani il reato di sequestro di persona pluriaggravata "in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato non identificati".
Tuttavia non tutti i responsabili sono stati identificati: come spiegato dal sostituto procuratore, Sergio Colaiocco ci sono altri "13 soggetti nel circuito degli indagati, che la mancata risposta delle autorità egiziane non ci ha permesso di identificare".
Omicidio Regeni: che cosa è successo
Tutto sarebbe partito a seguito della denuncia presentata, negli uffici della National security, da Said Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo Ovest.
I quattro indagati "dopo aver osservato e controllato direttamente ed indirettamente, dall'autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della metropolitana de Il Cairo e dopo averlo condotto contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly, lo privavano della libertà personale per nove giorni. Poi la morte avvenuta tra atroci sofferenze.
Omicidio Regeni, la Procura di Roma: "Lo dovevamo a Giulio"
"La procura ha fatto di tutto per accertare gli elementi utili, lo dovevamo a Giulio Regeni e lo dovevamo a noi stessi, come magistrati di questa Repubblica" Lo ha affermato il procuratore di Roma Michele Prestipino davanti alla commissione di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.
"Abbiamo acquisito elementi di prova univoci e significativi. Questo è un risultato estremamente importante e non scontato".
I magistrati si sono detti certi che per l'omicidio Regeni si aprirà presto il processo e sarà in Italia "con le garanzie procedurali dei nostri codici".
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