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Redazione

Nei Pandora Papers anche uno dei boss che ha ispirato "Gomorra"

Tutti i più reconditi segreti finanziari dei ricconi, dei vip e dei potenti sono dinanzi agli occhi del mondo. Questo è quanto emerso dall’inchiesta Pandora Papers, frutto di un durissimo lavoro durato due anni e che ha coinvolto circa 600 giornalisti e più di 150 testate. Un’accurata indagine che ha mostrato uno spaccato su oltre 29mila conti offshore. Sono stati raccolti dati su 14 diverse entità di servizi finanziari in Svizzera, Singapore, Isole Vergini Britanniche, Belize e Cipro. I documenti esaminati sono datati fra il 1996 e il 2020, anche se alcuni risalgono finanche agli anni ‘70. Sono state portate alla luce le ricchezze nascoste nei paradisi fiscali di 35 leader mondiali e di altri famosissimi miliardari: dal Re di Giordania a Tony Blair, dal fondo della Regina Elisabetta a Julio Iglesias e Claudia Shiffer, passando - infine - per Shakira e anche il circolo ristretto dei collaboratori di Vladimir Putin. Un mix di celebrità e potenti capace di fare impallidire - contemporaneamente - sia il G7, sia il red carpet di Hollywood.

Ma, in questo ricchissimo parterre di fuoriclasse dell’evasione fiscale, figura anche un personaggio che certamente vip non è. Un personaggio che, forse, potente lo è stato; ma certamente non nel panorama politico. Stiamo parlando di Raffaele “Lello” Amato: arrestato nel 2009 dopo anni di latitanza ed estradato in Italia, sta scontando una condanna definitiva a vent’anni di reclusione. Noto camorrista la cui storia ha contribuito a ispirare il personaggio di Salvatore Conte della fiction «Gomorra» su Sky, Amato operava tramite una società di comodo, registrata in Gran Bretagna e usata per acquistare proprietà in Spagna poco prima di fuggire dall'Italia. Lello Amato è riuscito, anche in questa circostanza, a fare ciò che gli riesce meglio: farsi beccare. Lello Amato si è riconfermato in quel ruolo che più di ogni altro gli si addice: il perdente di successo. 

Un fiume di droga e la faida con i Di Lauro

La storia di Lello Amato è ben nota: Amato era uno dei fedelissimi di Di Lauro, ed era uno dei pochi in grado di fare investimenti milionari in carichi di droga. Successivamente, Paolo Di Lauro si diede alla latitanza e affidò la gestione del clan al figlio Cosimo; ma le cose non andarono bene. Cosimo Di Lauro cambiò le regole sulla spartizione dei proventi della droga, mettendo a stipendio i vecchi malavitosi che per vent’anni avevano consentito a Secondigliano di diventare la più grande piazza di spaccio d’Europa. In quel momento tutti gli altri decisero di creare una federazione e di operare una scissione e, tra i principali promotori, c’era proprio Raffaele Amato che, insieme al cognato Cesare Pagano, si mise a capo degli scissionisti. Iniziò così la più feroce guerra tra clan che la storia ricordi.

'o Lello' è nuovamente balzato agli onori della cronaca

Ora che il nome di 'o Lello' è prepotentemente emerso nell’inchiesta sui paradisi fiscali di Pandora Papers si è scoperto che Amato utilizzava una società di Montecarlo come specchietto per le allodole al fine di coprire una seconda società, questa volta inglese, che veniva impiegata per acquistare beni immobili in Spagna. Non certamente una sorpresa - quest’ultima - perché il legame di Lello Amato con la penisola iberica è ben noto. Amato, infatti, collaborava con Di Lauro proprio dalla Spagna, curando il traffico di droga diretto a Secondigliano e Scampia. Adesso è stato evidenziato che, per Lello Amato, questo rappresenta l’ennesimo goffo e palese fallimento. In troppi, ancora una volta, hanno parlato del camorrista come di un individuo in grado di muovere ingenti capitali all’estero con superba abilità. In realtà, ancora una volta, si è perso il quadro d’insieme. L’ex boss, ad un tavolo di evasori fiscali, è riuscito nell’impresa di essere il peggiore di tutti. Un criminale che ha perso tutte le guerre che ha combattuto. Un boss che ha fallito anche nella gestione del maxi-clan. Il malcontento tra i ranghi, infatti, nacque a causa della decisione di Amato di accogliere esponenti della malavita organizzata di San Giovanni a Teduccio, i cui rapporti erano curati dal gruppo di Enzo Notturno, nel regno di Secondigliano. Una manovra che, in pratica, concesse a Enzo Notturno, all’epoca libero, un potere superiore a quello accordato ad altri boss anziani.

Fu Giovanni Piana, nipote acquisito del boss Raffaele Abbinante, a intercettare il malumore crescente dei vari Arcangelo Abete, Antonio Abbinante e Gennaro Notturno; e con esso anche i piani di rivolta contro lo stesso Raffaele Amato. Il collaboratore di giustizia ne parlò agli inquirenti nel verbale di interrogatorio del 20 marzo 2008, fornendo i primi elementi per leggere in maniera più ampia la palese rottura degli equilibri. Adesso una nuova delusione per Lello Amato. Il boss che pensava di poter nascondere denaro come fosse un vip. Il camorrista che pensava di essere al sicuro come un potente politico. Un perdente di successo che ha sempre creduto di avere idee brillanti e che, invece, ancora una volta, ha visto i propri capitali volare via dagli “impensabili” paradisi fiscali della Svizzera, di Singapore, delle Isole Vergini Britanniche, Belize o Cipro.

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