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Sabato, 20 Aprile 2024
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Cinque 'leggende' sulla pena di morte

Arriva il nuovo report sulla pena di morte di Amnesty International: aumentano del 15% le esecuzioni in Iran e Iraq, ma diminuiscono negli altri Paesi. Poi ci sono cinque miti da sfatare: eccoli

E' un piccolo numero di Paesi la causa dell'aumento delle esecuzioni: è questo quello che emerge dal rapporto sulla pena di morte nel mondo del 2013 pubblicato da Amnesty International.

Secondo il report, Iran e Iraq hanno determinato un profondo aumento delle condanne a morte eseguite, andando in direzione opposta alla tendenza mondiale verso l’abolizione. Ma nonostante ciò in questi due Paesi le esecuzioni dal 2012 sono aumentate del 15%, con quasi 100 in più.

In ogni caso Iran e Iraq sono al secondo e al terzo posto della classifica degli omicidi di Stato: domina la Cina dove, sebbene le autorità mantengano il segreto sui dati, l'associazione internazionale ritiene che ogni anno siano messe a morte migliaia di persone. Al quarto posto c'è L’Arabia Saudita con almeno 79 esecuzioni, gli Stati Uniti d’America al quinto con 39 esecuzioni e la Somalia al sesto con almeno 34.

Se si esclude Pechino, su cui comunque non si hanno dati certi, Amnesty registra in totale almeno 778 esecuzioni, quasi cento in più rispetto al 2012. Inoltre nel 2013 Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam hanno ripristinato l’uso della pena di morte. Si arriva così a 21 Paesi, uno in meno rispetto all'anno scorso.

Se si osservano i dati degli ultimi 20 anni vi è comunque stata una diminuzione del numero dei paesi che hanno usato la pena di morte. Bielorussia, Emirati Arabi Uniti, Gambia e Pakistan non ne hanno fatto uso e per la prima volta dal 2009, la regione Europa – Asia centrale non ha fatto registrare esecuzioni. I dati risultano più evidenti dall'infografica creata dall'associazione in base ai risultati del report.

GUARDA LA MAPPA INTERATTIVA DEL REPORT

“Il percorso a lungo termine è chiaro: la pena di morte sta diventando un ricordo del passato. Sollecitiamo tutti i governi che ancora uccidono in nome della giustizia a imporre immediatamente una moratoria sulla pena di morte, in vista della sua abolizione” ha detto Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

Ci sono anche alcuni miti da sfatare sulla pena capitale secondo Amnesty: la pena di morte non è un deterrente per i crimini violenti quindi non rende le società più sicure e tanto meno la minaccia delle esecuzioni rappresenta una strategia efficace per combattere gli attacchi terroristici. In più dal report emerge che i condannati non sempre vengono uccisi per reati gravi e spesso neppure le famiglie delle vittime richiedono la pena capitale per i colpevoli di omicidi.

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