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Sabato, 30 Marzo 2024
"Il fatto non sussiste" / Palermo

Entra in cattedrale con una pistola e semina il panico durante un matrimonio: assolto

A settembre del 2019 l'uomo si era presentato durante la cerimonia ed era stato bloccato dai parenti della sposa e poi denunciato per procurato allarme. L'arma però era un giocattolo e l'imputato, con problemi psichici, l'avrebbe estratta solo per pochi secondi. Per il giudice "il fatto non sussiste"

Il 5 settembre del 2019 era entrato nella cattedrale di Palermo dove si stava celebrando un matrimonio e, secondo la ricostruzione iniziale, avrebbe seminato il panico tra gli invitati e anche tra i turisti che stavano visitando il monumento con una pistola. Poco meno di 4 anni dopo, questa versione è stata totalmente smentita dal processo e l'imputato, R. B., 37 anni, che all'epoca era stato denunciato per procurato allarme e che è peraltro affetto da problemi psichici, è stato assolto con formula piena "perché il fatto non sussiste".

Il racconto del padre della sposa: "Così l'ho bloccato" | Video

Il giudice della terza sezione del tribunale monocratico, Giovanni La Terra, ha infatti accolto le tesi dei difensori dell'uomo, gli avvocati Manlio Di Miceli e Angelo Malizia, che hanno dimostrato - grazie alle riprese delle telecamere di sorveglianza - che in realtà l'imputato aveva estratto l'arma era un giocattolo e che era stata estratta solo per pochissimi secondi, senza minacciare nessuno. La Procura aveva chiesto per l'uomo una condanna a 4 mesi di arresto.

La vicenda aveva avuto una grande eco mediatica. Il gesto di R. B., che teneva la pistola giocattolo all'interno di una borsa a tracolla e che l'aveva estratta solo per pochi istanti, era stato infatti sufficiente a scatenare la reazione dei partecipanti al matrimonio: prima il padre della sposa e poi il fratello erano intervenuti per bloccare l'uomo, con il quale non avevano peraltro alcun legame. Alla Cattedrale erano così intervenuti agenti della Digos e carabinieri in borghese, oltre ad un'ambulanza del 118. 

La difesa ha spiegato che R. B. frequentava quotidianamente la chiesa ed era anche conosciuto nella zona, che alla fine - a dispetto della reazione e del racconto dei presenti - non avrebbe fatto nulla per seminare il panico durante la cerimonia. Una ricostruzione che il giudice ha accolto, scagionando l'imputato.

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