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Venerdì, 19 Aprile 2024
CRONACA

Morto durante l'arresto: "Sette anni ai poliziotti, lo colpivano mentre era fermo a terra"

Il pm di Milano ha chiesto sette anni di carcere per i quattro agenti responsabili della morte di Michele Ferrulli, l'uomo ucciso da un infarto nel giugno 2011 durante un fermo: "Lo colpivano mentre era fermo e chiedeva aiuto"

MILANO - Non avevano intenzione di uccidere. Ma non considerarono che con "una violenza gratuita non giustificabile" avrebbero potuto farlo. Il pm di Milano, Gaetano Ruta, ha chiesto sette anni di reclusione per i quattro poliziotti che il trenta giugno 2011 fermarono a Milano il 51enne Michele Ferrulli, morto per arresto cardiaco durante l'intervento degli agenti. I quattro, intervenuti in via Varsavia dopo una segnalazione per schiamazzi, sono imputati per omicidio preterintenzionale e falso in atto pubblico

Ferrulli, ha spiegato il pm, "ha subito una violenza gratuita non giustificabile". E' stato lo stesso magistrato, però, ad escludere che i poliziotti "volessero uccidere, come testimonia anche l’apprensione con cui hanno chiamato la centrale operativa quando si sono accorti delle condizioni" dell'uomo che di lì a poco sarebbe morto in seguito "a un attacco ipertensivo, che ha causato un arresto cardiocircolatorio seguito da edema polmonare, anche perché il cuore di Ferrulli, di 700 grammi, era troppo piccolo rispetto alla mole del suo corpo, che pesava 147 chilogrammi".

Nel mirino del rappresentante della pubblica accusa soprattutto i modi usati dagli agenti. Il pm ha anche ricordato "il sonoro delle donne rom che, davanti alla scena dell'ammanettamento, dicono: 'Così gli viene un infarto e muore'. Non c’è bisogno di emeriti studiosi - ha detto il pm - per capire che se butto per terra una persona e infierisco su di lei le posso fare molto male e gli può venire un infarto. È una conseguenza che le persone che stavano lì intorno avevano previsto. Non ci vuole Pico della Mirandola - ha ribadito Ruta - per dire che se si mette una persona a terra e lo si picchia può morire".

E di botte, secondo il pm, Ferrulli ne prese tante. Gli agenti, ha ricostruito Ruta, hanno percosso "ripetutamente il signor Ferrulli in diverse parti del corpo, pur essendo in evidente superiorità numerica e hanno continuato a colpirlo probabilmente con l’uso di manganelli, come testimoniato da due amici della vittima e come evince il mio consulente tecnico incaricato di analizzare il video dell’aggressione, quando era immobilizzato a terra, in posizione prona, non era in grado di reagire e invocava aiuto".

Ruta ha comunque chiesto per i poliziotti il minimo della pena previsto dal reato di omicidio preterintenzionale e la concessione delle attenuanti generiche, "perché - ha spiegato - il fatto in sé è grave, ma va pur detto che si iscrive in una attività di servizio eseguita malissimo dagli imputati, che però sono persone che non hanno mai dato ragioni di critica o censura e dal punto di vista della correttezza processuale sono sempre stati presenti e hanno avuto un comportamento composto".

Nonostante Ruta riconosca la "correttezza processuale" degli imputati, i poliziotti sono anche accusati di falso in atto pubblico per aver falsificato, il giorno dopo l'intervento, il verbale dell'operazione. Gli agenti avevano dichiarato che dopo aver bloccato il 51enne "una successiva e inevitabile perdita di equilibrio di tutto il gruppetto faceva sì che il Ferrulli e tutti gli agenti intervenuti cadessero rovinosamente a terra, frangente che permetteva, grazie all’utilizzo di un terzo paio di manette, di bloccare definitivamente la sua resistenza. Poiché la precedente caduta aveva costretto il Ferrulli, prono a terra, si cercava, ormai assicurato, di riportarlo in una posizione a lui più comoda per avvicinarlo alla vettura di servizio, ma proprio in tale occasione il Ferrulli riferiva di sentirsi male, lamentando un forte dolore al petto". 

Secondo Ruta queste sono "circostanze false, poiché i poliziotti, nel mentre il Ferrulli si trovava a terra in posizione prona, era immobilizzato e invocava aiuto, lo colpivano ripetutamente anche con l’uso di corpi contundenti".

Soddisfatta Domenica Ferrulli, figlia di Michele. "Non ci sentiamo più soli - ha commentato - ora sappiamo che lo Stato è dalla nostra parte. È un processo difficile e doloroso - ha concluso - la nostra speranza è che gli agenti vengano condannati e non indossino più la divisa, per rispetto di mio padre e anche di chi la indossa onestamente".

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