Trattativa Stato-mafia, Mancino: "Non posso stare a processo coi boss"

PALERMO - E' iniziata e finita nel giro di poche ore la prima udienza del processo per la trattativa tra Stato e mafia. Giusto il tempo per l'accusa di annunciare una nuova aggravante per l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino. E poco più: udienza rinviata al 31 maggio. 

E' stato questo il primo passo ufficiale del processo che dovrà decidere il destino dei dieci imputati, tra mafiosi, politici ed ufficiali dell'Arma che, secondo l'accusa, venti anni fa si sedettero intorno allo stesso tavolo per concordare una strategia di distensione che portasse alla fine del periodo stragista. Il procedimento è iniziato nel giorno del ventesimo anniversario della strage di via dei Georgofili a Firenze, del 27 maggio 1993, strage poi interpretata come un altro messaggio di Cosa nostra alla politica.

Messaggi di cui, secondo l'accusa, Nicola Mancino era a conoscenza. L'ex ministro, però, all'arrivo nell'aula bunker nel carcere di Pagliarelli a Palermo, ha provato a difendersi: "Io ho sempre combattutto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c'è la mafia. Chiederemo uno stralcio". E poi ancora: "Io non rappresento lo Stato, sono l'ex ministro dell'Interno. Io rappresento me stesso con una imputazione diversa da quella degli altri imputati". Nicola Mancino, accusato "solo" di falsa testimonianza, ha infine accusato: "La mia parola è stata ritenuta inadeguata rispetto a qualche collega che all'epoca era ministro". 

Intanto, l'associazione Libera di don Ciotti e il Comune di Firenze, nella persona del sindaco Matteo Renzi, hanno chiesto alla Corte d'Assise di Palermo la costituzione di parte civile nel processo per la trattativa Stato-mafia.