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Giovedì, 25 Aprile 2024

Andrea Falla

Giornalista

Quando muore un amico

"C’è stato un incidente, è morto un ragazzo". Una tragica frase che noi giornalisti sentiamo ogni giorno, anche più volte al giorno purtroppo. Vite spezzate, giovani e meno giovani, su cui costruiamo una sorta di corazza, per non vedere il nostro animo crollare ad ogni ora, ad ogni riga. Un’armatura spessa e inossidabile, ma che si scioglie come neve al sole quando a perdere la vita è qualcuno che ci è vicino. E purtroppo è quello che è successo ieri, giovedì 21 luglio, sul litorale di Milazzo, in provincia di Messina, dove il destino infame ha voluto prendere la vita di Antonio Leto, 32 anni, barman, sportivo, ma soprattutto un amico di tutti, un gigante buono che accoglieva tutti con un sorriso e un caloroso abbraccio, uno di quelli a cui non puoi non voler bene.

"È successo qualcosa ad Antonio". Dopo quel primo messaggio, mi è bastata una semplice ricerca mirata, un attimo in cui ho odiato essere un giornalista, ho odiato saper trovare le notizie che cerco, il posto dove è avvenuto l’incidente, l’ora, le terribili conseguenze. Poi la corsa verso il luogo, sperando che chi già aveva scritto dell’accaduto si fosse sbagliato, che ci fosse ancora una speranza, ma il briciolo di razionalità dentro di me sapeva che era un'illusione. 

L’arrivo straziante lì, dove alcuni dei nostri amici erano già arrivati e dove piano piano, sono giunti tutti quelli che ti conoscevano e ti volevano bene. Impossibile frenare le lacrime, la mente che si svuota, nulla ha più senso quando vedi un tuo amico che giace lì inerme, senza poter fare nulla per aiutarlo. Ti avevo scritto ieri, dovevamo organizzare la nuova stagione del Fantacalcio, gioco per cui andavi matto e proprio la tua mancata risposta mi aveva fatto insospettire. "Che strano – ho pensato – è sempre il primo a rispondere, il più partecipe del gruppo". Ma ho atteso invano quella risposta, così come tutti i tuoi amici, i tuoi familiari, i colleghi di lavoro e tutte quelle persone che, anche soltanto per un minuto, hanno avuto la fortuna di conoscerti, dietro il bancone di un bar o magari dentro un campo di calcetto.

Quando muore un amico è difficile darsi pace, è impossibile accettare che la vita di un ragazzo finisca a 32 anni, è complicato anche scrivere, nonostante sia quello che fai ogni giorno, mentre le dita tremano e le lacrime bagnano la tastiera del pc.  Ma c’è la necessità di farlo, non per raccontare la morte, "livella" bastarda e ineluttabile, ma per celebrare la vita, perché quando muore un amico non si deve ricordare quell’attimo in cui è volato via, ma tutti quei momenti felici che ha regalato. La felicità di trovarci in squadra insieme nel calcetto settimanale, le discussioni sull’Inter e sul calcio, i cocktail e le prese in giro, il tuo fatto di essere “ovunque”, sempre dietro alle tue passioni e ai tuoi mille impegni. 

Quando muore un amico, il difficile è per noi che restiamo qui, a vivere quei posti in cui c’eri, sentendo la tua mancanza, sperando di vederti spuntare con la tua moto o da dietro un angolo con il tuo passo deciso. Quando muore un amico si maledice il mondo intero e questa vita ingiusta, ci si rende conto che siamo su questa terra per un attimo o poco più, che siamo così fragili e impotenti, e sprechiamo gran parte del nostro tempo in cose futili e stupide.

Adesso so che sei in pace e una piccola parte di me, magari per sentirmi un po’ meno triste, pensa che forse lassù avevano bisogno di un buon barman, di un ottimo difensore o semplicemente di un grande amico. Beh, con te hanno trovato tutto e anche di più.

Ciao Anto, fai buon viaggio.

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