rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso

Caso Meredith, parla Sollecito: "Non chiamatemi più assassino"

"Non c'era uno straccio di prova": Raffaele Sollecito si sfoga dopo la sentenza di assoluzione nel processo per la morte della studentessa Meredith Kercher. "Con Amanda avevo solo una storia di affetto"

ROMA - "E ora non chiamatemi mai più assassino". Raffaele Sollecito racconta la sua verità e si sfoga dopo la sentenza definitiva di assoluzione sul delitto Meredith. Il ragazzo pugliese ha tenuto una conferenza stampa a Roma. Presenti anche gli avvocati che lo hanno difeso: Giulia Bongiorno, Luca Maori e Francesco Mastro.

Dopo otto anni di indagini, la Cassazione ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito dall'accusa di aver ucciso Meredith Kercher nella sua casa di Perugia in quella notte di Halloween del due novembre 2007. Rudy Guede è dunque a tutti gli effetti l'unico responsabile della morte della studentessa inglese (sta scontando sedici anni di reclusione per concorso in omicidio). Amanda è stata condannata a tre anni per calunnia (pena già scontata). "Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato: senza il loro supporto non avrei avuto la forza di arrivare fino a qui. Ringrazio in particolare mio padre, i miei avvocati e i miei familiari", ha detto Sollecito, aggiungendo che ora "mi sento come un sequestrato tornato alla libertà".

PERCHE' TANTO ODIO? - "Non dimentico - ha detto Raffaele - che nelle carte processuali ho trovato offese gravissime nei confronti dei miei familiari, ancora oggi mi chiedo il perché di tanto odio. Ho avuto paura perché ho percepito un fortissimo livore nei miei riguardi. Il disprezzo non me lo so spiegare. Ho percepito un sentimento di odio verso me e verso la mia famiglia".

Omicidio Meredith Kercher, le tappe del giallo di Perugia | Infophoto

UN PENSIERO PER AMANDA - Sollecito ha rivolto poche battute anche a quella che la notte del delitto della studentessa inglese era la sua ragazza. L'americana Amanda Knox, a cui è rimasto legato per otto anni, anche dopo la fine del loro amore, da un destino comune: essere accusati di aver preso parte all'assassinio nella casa che le due ragazze condividevano nella Perugia degli studenti stranieri. "Ho sentito Amanda e siamo entrambi molto felici. Anche lei ha festeggiato con la sua famiglia", spiega Raffaele, che poi minimizza lo spessore di quel rapporto: "Tra me e Amanda solo una relazione d'affetto. Auguro a lei ogni bene".

"DOVEVA FINIRE COSI'" - "Il mio sequestro è stato insopportabile. Sono stato additato come un assassino senza uno straccio di prova. La mia famiglia è stata fatta a pezzi, sbriciolata. Non è vero che non mi aspettavo questa sentenza: questa vicenda doveva finire così". Adesso, ha detto il ragazzo, "non accetterò più di essere definito assassino e sono pronto a tutelare la mia immagine nelle sedi opportune", raccomandando ai cronisti di "attenersi ai fatti con massima cautela".

IL RISARCIMENTO - E intanto l'avvocato Bongiorno ha fatto sapere che "nei prossimi giorni valuteremo la richiesta di risarcimento". "Non ci sono sentimenti di vendetta nell’animo di Sollecito - ha aggiunto l’avvocato - aspetteremo le motivazioni. Non frusteremo chi ha sbagliato. Vedremo se ci sono stati degli errori e che iniziative intraprendere. La responsabilità civile - ha concluso - è un istituto serio che non va esercitato con lo spirito di vendetta".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Caso Meredith, parla Sollecito: "Non chiamatemi più assassino"

Today è in caricamento