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Sabato, 20 Aprile 2024
Il coraggio di denunciare / Bergamo

Lavapiatti precaria stuprata e ricattata: "Rifacciamolo e ti assumo"

La violenza subita è stata talmente brutale da costringerla al ricovero in ospedale. La donna ha denunciato il suo datore di lavoro. Condannato in primo grado e in appello, la difesa si è rivolta anche alla Cassazione

Stuprata, umiliata e ricattata: "Non raccontare niente, rifacciamolo e ti assumo a tempo indeterminato". E' quello che è accaduto a una donna che lavorava come lavapiatti in un agriturismo della Val Seriana, in provincia di Bergamo. Lei però non è stata zitta. E' andata prima dalle forze dell'ordine per denunciare e poi in tribunale dove ha raccontato ciò che era costretta a subire dal suo datore di lavoro, un uomo di 47 anni. L'imprenditore è stato condannato e la pena è diventata definitiva. La Cassazione ha infatti confermato la condanna: sei anni e mezzo di carcere e niente attenuanti.

La violenza e il ricatto

La donna, figli a carico e l'esigenza di lavorare, faceva la lavapiatti in un agriturismo con ristorante e produzione agricola. Il proprietario della struttura l'ha sorpresa alle spalle mentre si cambiava nello spogliatoio e l'ha violentata. Tanto brutale da costringere a donna al ricovero in ospedale, da dove è stata dimessa con due mesi di prognosi.

Non contento l'uomo ha iniziato a ricattare la donna. Lei non aveva un contratto, lavorava in nero. Se fosse stata zitta e avesse acconsentito ad altri rapporti l'avrebbe assunta a tempo indeterminato. Giorni dopo lo stupro, ai 20 euro giornalieri che le dava, ha aggiunto altri 30 euro dicendo che “voleva farle un regalo”.

La denuncia e il processo

La donna non ha ceduto al ricatto. Supportata da assistenti sociali e personale medico, ha denunciato l'imprenditore. La difesa ha sostenuto che si era trattato di un “gesto occasionale”, che era "un onesto lavoratore e padre di famiglia sempre rispettoso delle regole”. La linea non è passata e i giudici hanno inflitto una condanna a sei anni e mezzo. Neanche le attenuanti generiche sono state riconosciute. Adesso si è espressa anche la Cassazione che ha confermato quanto deciso negli altri gradi di giudizio. Corretta per i giudici la mancata concessione delle attenuanti. Perché l’imputato “ha compiuto una condotta illecita approfittando di una situazione lavorativa in cui egli si trovava in una posizione sovraordinata”. Confermato anche il risarcimento del danno, stimato in 45mila euro.

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