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Venerdì, 29 Marzo 2024
Migranti

"Il Mediteranneo è un cimitero e l'Europa è indifferente"

Arriva il rapporto di Amnesty International a un anno dalla strage di Lampedusa, in cui annegarono più di 500 persone. Il documento è pieno delle voci di chi vive la tragedia sulla propria pelle e l'Italia da sola non ce la fa

Erano i primi giorni di ottobre del 2013: un barcone cercava di avvicinarsi alle coste della "fortezza europea" aggrappandosi alle sponde della spiaggia di Lampedusa. Sulla nave centinaia di persone in fuga da fame e guerra. Quel barcone non ce l'ha fatta e con lui neppure le 368 vittime. Non solo: recuperato il relitto furono recuperati anche i corpi nella stiva.

Fu quella la "strage di Lampedusa" e avvenne un anno fa: settembre e ottobre sono i mesi migliori per la traversata degli scafisti, gli ultimi prima dell'inverno. A un anno dalla tragedia l'organizzazione che difende i diritti umani, Amnesty international, alza la voce e lo fa in maniera rigorosa, con un rapporto dal titolo "Vite alla deriva: rifugiati e migranti in pericolo nel Mediterraneo centrale".

Di quello si tratta: vita in bilico tra l'acqua e la costa, in fuga dalla guerra. Il rapporto è il frutto di un lungo lavoro che l'organizzazione umanitaria ha fatto a Malta e in Italia, attraverso interviste ai sopravvissuti e colloquio con autorità ed esperti. L'organizzazione è stata anche a bordo delle navi della Marina militare italiana, seguendo in prima linea le operazioni di soccorso. Inoltre cifre e numeri ricordano quelli di un genocidio.

Tanti i pericoli che queste persone affrontano a cominciare da quando decidono di partire: spesso arrivano sulle coste europee da zone di conflitto e povertà. Che cosa sta facendo l'Unione per salvare e tutelare queste vite? Risponde John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
 

Erige muri sempre più alti. Dall'inizio dell'anno, oltre duemila e 500 persone partite dall'Africa del Nord sono annegate o disperse nel Mediterraneo. Cosa l'Unione europea e i suoi stati membri devono fornire con urgenza? Un numero maggiore di navi per la ricerca e il soccorso nel Mediterraneo centrale, col chiaro compito di salvare vite umane in acque internazionali e risorse adeguate per svolgerlo al meglio.

LE GUERRE E I CONFLITTI - In Medio Oriente e in Africa guerra, fame e conflitti continui nonostante tutto spingono persone disperate a intraprendere il viaggio in mare: nel 2014 oltre 130mila rifugiati e migranti hanno attraversato la frontiera meridionale europea via mare. Quasi tutti sono stati soccorsi dalla Marina italiana.

LE VOCI DEI SOPRAVVISSUTI - Amnesty ha anche incrontrato chi la strage l'ha vissuta in prima persona, intervistando oltre 50 rifugiati e migranti: tante le violenze ma tutti parlano di  sovraffollamento delle imbarcazioni. Ecco cosa ha raccontato Mohammed, 22 anni, rifugiato in fuga dalla guerra in Siria:

Quando abbiamo lasciato la Libia, eravamo 400 adulti e circa 100 bambini. Abbiamo dovuto raggiungere a remi l'imbarcazione più grande. All'inizio non riuscivo a vederla, poi quando l'ho notata ho visto che era in cattive condizioni. Non volevo salire, ma lo scafista mi ha minacciato con una pistola. Ci sono volute due ore per far salire tutti. Poi, alle 2 di notte, ho sentito degli spari. Un'altra imbarcazione con uomini armati a bordo ci si è messa davanti. Hanno cercato di fermarci per circa quattro ore. Sparavano da ogni direzione. All'alba, se ne sono andati. La nostra barca, danneggiata, stava affondando. Abbiamo gettato in mare tutte le nostre cose, compresi i salvagente: volevamo vivere!

Quello dei barconi è un racket con tutte le carte in regola per essere bollato come associazione a delinquere, il che implica a volte che di fronte a centinaia di disperati si consumino anche regolamenti di conti.

Di fronte anche alle persone che hanno vissuto sulla propria pelle il Cimitero Mare Nostrum, Amnesty International non ha dubbi:
 

Le proteste internazionali per chiedere di fare di più per salvare vite umane in mare non sono state seguite da alcuna significativa azione da parte dei leader europei. L'Italia è stato l'unico paese dell'Unione europea a reagire lanciando l'operazione Mare nostrum e destinando una parte significativa della sua flotta alle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale.

Non a caso le voci che si sentono nel documetario allegato al rapporto dell'organizzazione sono quelle dei militari italiani, che partono in soccorso.

GUARDA IL DOCUMENTARIO DI AMNESTY INTERNATIONAL

Ma lo sforzo del nostro Paese non basta: recentemente il ministro degli Interni Angelino Alfano si è recato a Bruxelles per denunciare a non sostenibilità dell'operazione Mare Nostrum. Così è nata Frontex, l'agenzia dell`Unione europea per il controllo delle frontiere. Amnesty conclude:
 

Mare nostrum ha salvato decine di migliaia di vite ma non è una soluzione a lungo termine. Occorre uno sforzo comune europeo per realizzare quella che è una responsabilità comune dei paesi dell'Unione. Frontex sarà un passo positivo solo se gli stati membri metteranno a disposizione mezzi adeguati e se le operazioni si svolgeranno in acque internazionali con un mandato nettamente focalizzato sulla ricerca e il soccorso

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