800 migranti morti: "Quei corpi non servono alle indagini, resteranno in mare"

Resteranno per sempre laggiù, in fondo al mare, a quasi 400 metri di profondità. Il procuratore di Catania ha deciso: "Quei corpi non servono alle indagini". Le 800 vittime (mai si saprà con certezza il numero esatto) del naufragio del 18 aprile nel Canale di Sicilia resteranno in mare:non è possibile affrontare costi e ritardi. In un primo momento dopo la strage che ha scosso il mondo la magistratura ordinò il recupero del relitto e conseguentemente dei corpi dei migranti. Varie organizzazioni umanitarie protestano per questa inaspettata decisione.

Si dice sdegnato il tedesco Cristophen Hein, presidente del Cir, il Centro Internazionale Rifugiati, e sulla stessa lunhezza d'onda è la portavoce di "Save The Children", Giovanna Di Benedetto. Ogni giorno arrivano decine di telefonate al Centro Ascolto della Croce Rossa Italiana, attivo 24 ore su 24 per la ricerca dei parenti. Chiamano dal Niger, dal Gambia, dal Mali, dal Ghana, dall'Eritrea, dalla Somalia.

Vogliono sapere se c'è anche qualcuno dei loro cari fra gli 800 cadaveri del barcone affondato il 18 aprile. Non lo sapranno mai. Lo scafo di 22 metri resterà là, a 375 metri di profondità tra Malta e Lampedusa. Alcune telecamere installate nei mini sommergibili della Marina militare italiana hanno effettuato riprese video dello scafo. Poche ore fa il procuratore di Catania Giovanni Salvi, titolare dell'inchiesta, ha deciso che quei cadaveri non saranno recuperati.  "Il recupero non è utile alle indagini", afferma il magistrato.

La più grande tragedia nella storia dell'immigrazione è avvenuta la notte del 18 aprile 2015 al largo delle coste della Sicilia. L'affondamento dell'imbarcazione ha provocato 24 vittime accertate, 28 superstiti salvati e fra i 700 e i 900 dispersi presunti.