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Giovedì, 28 Marzo 2024
"Inaccettabile tentativo di depistaggio"

L’ignobile "documentario" su Giulio Regeni

Il filmato diffuso alla vigilia dell’udienza preliminare che vede imputati membri dei servizi segreti egiziani getta ombre sulla figura del giovane ricercatore italiano ucciso cinque anni fa, sostenendo la tesi dell’estraneità delle autorità locali

Si chiama The Story of Giulio Regeni ma la "storia" è ben diversa. Sta facendo discutere il "documentario" uscito a poche ore dalla prima udienza preliminare (poi rinviata) del processo a Roma sulla sparizione e sull’omicidio del giovane ricercatore italiano, che vede imputati quattro appartenenti ai servizi segreti egiziani. Una data di uscita evidentemente non casuale per il filmato, della durata totale di 50 minuti e con in mezzo errori grossolani (ad esempio il nome dello stesso Regeni che viene storpiato), che si presenta come "il primo documentario che ricostruisce i movimenti di Giulio Regeni al Cairo", riportando fatti già noti e con l’intento di screditare la figura del ricercatore e negare le responsabilità dei militari egiziani. Al momento non si sa chi ci sia dietro: il canale YouTube su cui è stato pubblicato è stato aperto qualche giorno fa, insieme a una pagina Facebook. Da nessuna parte viene specificato l’autore né la casa di produzione. 

Le interviste di Gasparri, Trenta e Tricarico

Nel filmato, in lingua araba con sottotitoli in italiano, sono presenti una serie di interviste, tra cui gli interventi del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, dell’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta e dell’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare Leonardo Tricarico. Trenta ha preso nettamente le distanze dal video, con un post su Facebook, affermando di essere stata ingannata. "Vorrei chiarire a tutti che sono stata contattata dal sig. Mahmoud Abd Hamid che si è presentato come rappresentante dell'emittente araba Al Arabiya in Italia. Ha scritto che la loro troupe era a Roma per svolgere un film documentario sui rapporti diplomatici ed economici fra Italia ed Egitto. Se avessi saputo che la mia intervista sarebbe finita in un documentario che considero vergognoso e inaccettabile, naturalmente non avrei mai dato il mio consenso. Sono dunque stata tratta in inganno (peraltro la mia intervista, della durata di circa mezz'ora, è stata ridotta a pochi minuti) e mi auguro si faccia luce il prima possibile su quanto accaduto. Colgo l'occasione per ribadire la mia più sentita vicinanza alla famiglia Regeni. L'Italia chiede giustizia e verità". 

Tricarico ha detto all’Ansa di essere stato intervistato un mese fa "per circa un'ora da un giornalista egiziano che si è presentato come Khalifa Mohamed ed ha detto di lavorare per Al Jazeera e Al Arabiya", rispondendo a una serie di domande. "Non ho giustificato chi ha ucciso Giulio Regeni, ho detto che bisognava indagare di più su Cambridge per capire meglio quello che è avvenuto. Le mie parole, che sottoscrivo punto per punto, sono state rese funzionali alle tesi del filmato che io non condivido", ha spiegato, aggiungendo di aver sostenuto "che la politica estera di un Paese deve essere la sintesi degli interessi nazionali e non essere ostaggio di un singolo caso, per quanto doloroso. Ho anche detto che non si è indagato a sufficienza sui 'mandanti' dell'omicidio, che sono in Gran Bretagna".  

L’ex ministro Gasparri nel filmato parla dei "misteri del Cairo e i misteri di Cambridge" ma anche dei "misteri della Procura di Roma su cui si dovrebbe fare luce". "Mi sono sempre interrogato sul perché abbiano mandato questo ragazzo a fare una ricerca apparentemente su questioni del sindacato, del commercio ambulante, di realtà che sembrano giuste - dice Gasparri nell'intervista - Mi sono sempre chiesto perché è stato mandato e da chi. Però la Fratellanza musulmana ha delle contiguità che fanno capire che non si fanno delle missioni con dei professori che sono vicini alla Fratellanza musulmana…". Nel suo intervento Gasparri poi definisce la Procura di Roma come un “luogo per il quale noi chiediamo un'indagine parlamentare. Perché la magistratura italiana, purtroppo, ha molte cose da chiarire. Gasparri ha risposto così alle richieste di chiarimento dopo la diffusione del filmato: "Nel deprecare e condannare il delitto Regeni ho parlato del segreto di Pulcinella: dei professori vicini alla fratellanza musulmana, dei professori di Cambridge che, interrogati dalla Procura di Roma, si sono rifiutati di rispondere". Gasparri ha poi ribadito: "Parliamo sempre della scarsa collaborazione investigativa egiziana ma anche dall'Inghilterra è mancata la chiarezza su questi professori vicini alla fratellanza musulmana. È un fatto storico, accertato, che non toglie nulla all'orrore dell'uccisione di Giulio Regeni". 

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“Inaccettabile tentativo di depistaggio”

Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, ha definito The Story of Giulio Regeni "l’ennesimo inaccettabile tentativo di depistaggio", criticando la partecipazione di "esponenti italiani, politici e militari" a "questa operazione ignobile". Per Palazzotto "è grave che Gasparri abbia gettato discredito non solo su Giulio Regeni ma sul suo stesso Paese giustificando di fatto gli oltraggi ricevuti dai nostri magistrati da parte egiziana. La Commissione che presiedo non tralascerà alcun dettaglio e cercherà di fare luce su ogni zona d'ombra di questa vicenda. Ma alimentare la cultura del sospetto, continuando a fare allusioni su Cambridge senza alcuna evidenza, contribuisce a distogliere l'attenzione dal Cairo dove Giulio Regeni è stato ucciso e dove ancora oggi si trovano impuniti i suoi torturatori e i suoi assassini". 

Secondo fonti inquirenti citate dall’agenzia Ansa non è escluso che il filmato possa rientrare nell’attività di depistaggio messa in atto già in passato per delegittimare l'attività di indagine svolta dalla Procura di Roma: nel video tutti gli elementi di indagine acquisiti vengono, di fatto, stravolti arrivando a cambiarne totalmente il significato.

La prima udienza a Roma contro gli 007 egiziani

Lo scorso 20 gennaio la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro agenti dei servizi di sicurezza egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni. La richiesta di processo era arrivata dopo la chiusura delle indagini, firmata dal procuratore capo Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco che in questi anni ha seguito le indagini, nei confronti del generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. 

L'udienza preliminare davanti al gup Pier Luigi Balestrieri, in programma questa mattina, è stata rinviata al 25 maggio per il legittimo impedimento a causa del covid di uno dei difensori di ufficio degli imputati. All’udienza erano presenti anche il procuratore capo Michele Prestipino, il pm Sergio Colaiocco che in questi anni ha seguito le indagini, e i genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, accompagnati dal loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini.

Giulio Regeni scomparve al Cairo il 25 gennaio 2016. Il giovane, dottorando italiano all’università di Cambridge, era in Egitto per una tesi sui sindacati nella capitale egiziana. Il suo cadavere fu ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, con evidenti segni di tortura, abbandonato sul ciglio di una strada alla periferia del Cairo. Da allora sono passati cinque anni.  Cinque anni di silenzi e domande che non hanno avuto risposta, reticenze da parte delle autorità egiziane e l’Italia che, pur continuando a fare affari con Il Cairo e a mantenere rapporti diplomatici con il paese. 

Gli affari armati dell'Italia con l'Egitto di al-Sisi (alla faccia di Zaki e Regeni) 

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