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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Mille piazze per il reddito di
 dignità: “Lottiamo contro le disuguaglianze”

Dalla città partenopea è partita la compagna della Rete Numeri Pari, che attraverserà tutta l’Italia fino a ottobre. “Vogliamo affrontare quello che è il principale problema dell’Italia: la disuguaglianza”, dice a Today Giuseppe De Marzo di Libera

Scendere in piazza contro le disuguaglianze, la povertà, la precarietà, la non inclusione. Parte da Napoli “1000 piazze per il reddito”, la campagna della Rete Numeri Pari, che attraverserà tutta l’Italia fino a ottobre con l’obiettivo di contrastare la disparità e la disuguaglianza sociale per una società più equa. Da quattro anni la Rete, promossa da Gruppo Abele, Libera, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) e Rete della Conoscenza e composta da realtà sociali di base, cooperative, parrocchie, reti studentesche, comitati di quartiere, associazioni antimafia, semplici cittadini, si batte per questo. Ora però è il momento di farlo ancora di più. L’ultimo rapporto Istat denuncia per il nono anno consecutivo un peggioramento delle condizioni sociali, economiche e culturali del nostro paese. Il paese è bloccato, le disuguaglianze sono sempre più cristallizzate ed è soprattutto il reddito a determinare la condizione sociale. Non solo: quasi cinque milioni di cittadini vivono in condizioni di povertà assoluta e quattro famiglie su dieci sono a rischio povertà.

“Vogliamo affrontare quello che è il principale problema dell’Italia: la disuguaglianza - dice a Today Giuseppe De Marzo di Libera - Rete Numeri Pari - Dalle forze politiche percepiamo solo distanza e per questo c’è bisogno di una mobilitazione di piazza e di un movimento dal basso, plurale, fatto di cittadini normali, che si batta per cambiare le cose. In piazza c'erano tutti quei soggetti che sono stati penalizzati negli anni da questo welfare”. La decisione di partire da Napoli non è casuale: "C'è una gigantesca questione morale ancora aperta e vogliamo dare un segnale che proprio al Sud si debba investire per produrre un'alleanza".

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“L’Italia è l’unico paese che non ha ancora adottato misure universali di sostegno al reddito per chi non ce la fa e dal governo sono arrivati solo 1,6 miliardi per il contrasto alla povertà”, denuncia De Marzo. Il reddito di inclusione è limitato: a beneficiarne sarà meno di un terzo di chi effettivamente ne avrebbe bisogno, come ha specificato l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’organismo indipendente che verifica le previsioni di finanza pubblica del governo.

"Contro la povertà vogliamo il reddito" | Foto da Infophoto

Rete Numeri Pari, spiega De Marzo, “da tempo chiede invece un ‘reddito di dignità, una misura che garantisca il 60 per cento del reddito mediano alle famiglie, come già ci chiede l’Europa, insieme alla ricapitolazione del fondo nazionale per le politiche sociali - che è stato già tagliato dell’80 per cento - e la modifica dell’articolo 81 della Costituzione che ha introdotto il pareggio di bilancio”. La differenza tra “reddito di dignità” e il “reddito di inclusione” voluto da governo è “enorme”, dice De Marzo. “Con il reddito di inclusione è come se il governo dicesse che non riesce ad aiutare tutti. E’ una misura di universalismo selettivo. I soldi stanziati non bastano e lo conferma anche l’Istat, secondo cui servirebbero circa 15 miliardi”. Un regime di reddito minimo, per De Marzo, è anche una “misura di investimento”, contro la vulgata corrente che lo vorrebbe come un’ennesima voce di costo e non come un elemento di lotta alla crisi, che aiuterebbe chi è rimasto indietro. Ma non si tratta solo di una differenza di risorse messa in campo. “La nostra proposta è diversa anche perché più aderente alla realtà, non solo giuridica. Parliamo di buon senso”. 

Parlare di reddito di dignità, per De Marzo, significa però parlare anche e soprattutto di rispetto della Costituzione e dell’articolo 3: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. 

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