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Giovedì, 28 Marzo 2024
Verso nuove indagini / Palermo

La rete che ha protetto Messina Denaro per trent'anni

"Questo è il risultato di anni di indagini che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss" ha detto il pm Paolo Guido

"Questo è il risultato di anni di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss Messina Denaro". Lo ha detto il procuratore aggiunto Paolo Guido che, insieme al procuratore Maurizio De Lucia, ha coordinato l'indagine per la cattura di Matteo Messina Denaro. Sono parole chiare quelle del magistrato che usa la metafora di una vasca d'acqua per descrivere la latitanza del superboss, che non sarebbe mai stato preso se prima non fosse stata asciugata la vasca in cui nuotare.

Arrestato il primo fiancheggiatore di Messina Denaro

L'acqua infatti rappresenta tutta la rete di fiancheggiatori, collaboratori e favoreggiatori che hanno sempre permesso a Messina Denaro di spostarsi in maniera impunita, arrivando anche ad entrare e uscire da una clinica che si trova fisicamente a seicento metri dalla sede della Dia (Direzione investigativa antimafia) a Palermo. E non a caso oggi, insieme a Messina Denaro, è stato arrestato anche l'uomo che era con lui, Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara, che è accusato di favoreggiamento. Per il momento non trapela nulla sul posto in cui il boss ha trascorso la sua latitanza, ma molti particolari saranno rivelati in una conferenza stampa che si terrà alle 17.

Gli inquirenti non sarebbero rimasti sorpresi di individuare il latitante in una struttura ospedaliera come La Maddalena, perché era noto che fosse malato. Ma la Maddalena, per le cure di alto livello che offre, è frequentata anche da tantissimi professionisti, magistrati, appartenenti alle forze dell'ordine. Tuttavina nessuno si è mai accorto della presenza del "fantasma" di Cosa nostra.

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Come racconta anche PalermoToday, stamattina, Messina Denaro si è presentato in clinica, ha fatto l'accettazione e poi, però, anziché salire al settimo piano per la visita, come previsto, è andato verso l'uscita. È qui che è stato avvicinato dai militari che gli hanno chiesto se fosse "il signor Bonafede" e che lui, senza opporre nessuna resistenza, ha invece confermato la sua vera identità: "Sono Matteo Messina Denaro". L'intervento del Gis, simile a quelli che si vedono nei film, ha seminato il panico all'interno della struttura ospedaliera. Una paura che, appresa la notizia della cattura della primula rossa di Cosa nostra, ha lasciato spazio ad applausi per le forze dell'ordine e a un senso di enorme felicità.

Messina Denaro, l'ultimo degli stragisti 

Matteo Messina Denaro "rimane l'ultimo stragista, l'appartenente alla commissione che ha ordinato le stragi. Un uomo con evidenti coperture sulle quali sono in corso in questo momento delle indagini. In queste ore stiamo acquisendo documenti, individuando soggetti e cercando di individuare la rete che lo ha protetto finora” ha continuato il procuratore palermitano De Lucia. L’arresto del super latitante è frutto di "un lavoro di squadra portato a termine dal Ros dei Carabinieri in maniera eccezionale ma che viene da lontano perché è un lavoro sostanzialmente congiunto nella ricerca del latitante tanto dalla polizia di Stato, che ha chiuso alcuni spazi, quanto dai Carabinieri che poi appunto hanno portato a termine l'operazione di stamattina. Per la Repubblica, che ha dei doveri da adempiere nei confronti dei suoi martiri, la cattura di Matteo Messina Denaro ha un'importanza storica perché era l'unico stragista rimasto in libertà, un debito che abbiamo cercato di onorare e ci siamo riusciti" ha concluso il numero uno della procura del capoluogo siciliano.

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Dunque l’arresto del superboss, uno fra i latitanti più pericolosi e ricercati al mondo, non è da considerare un punto di arrivo bensì un punto di partenza perché in molti si chiedono: come ha fatto a restare nascosto per trent’anni? Intorno a lui la Procura infatti ha tutta l’intenzione di continuare a indagare per scardinare tutto quel sistema che protegge i criminali legati alle organizzazioni mafiose.

Lo dice anche Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta del giudice antimafia, Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci: "Mi ha commosso vedere in tv le immagini delle persone presenti al momento dell'arresto che applaudivano. Significa che c'è tanta brava gente. Fa riflettere, però, il fatto che Messina Denaro abbia potuto contare su così tante persone accanto a lui che lo hanno protetto in tutti questi anni. C'è ancora tanto lavoro da fare in questa città, ma oggi è un giorno bellissimo".

È dunque un giorno di festa ma non deve finire qui. Lo chiedono anche i sindacati Cgil Cisl Uil Palermo per cui "va scardinata tutta la rete di collaborazioni e rapporti che hanno consentito al boss di poter essere latitante per trent'anni e di portare avanti i suoi interessi economici, togliendo spazio allo sviluppo e alla legalità, e non bisogna abbassare mai la guardia perché è una lotta che deve continuare con ancora maggiore vigore".

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