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Martedì, 16 Aprile 2024
L'INTERVISTA

Il cibo fatto "a casa nostra" senza Cosa nostra

Mafie, truffe e contraffazione: il nostro cibo corre molti rischi prima di arrivare sulle nostre tavole. Ma come riconoscere un prodotto davvero "made in Italy"? Ce lo dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti

Il cibo nelle mani delle mafie dal campo al ristorante. Sembra che non ci sia un modo per stare fuori dalla "filiera a delinquere" che controlla alcuni cicli produttivi, a volte anche di quei prodotti famosi per il marcio "made in Italy". Così il rapporto di Coldiretti/Eurispes ha evidenziato come per le mafie non ci sia crisi, in particolare in uno dei settori di cui ci vantiamo a livello internazionale, l'agroalimentare. Ma come distinguere un prodotto "pulito" da uno invece su cui la mafia ha messo le mani? Lo chiediamo a Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti.

"Proprio nel rapporto si evidenzia come ci sia questa collusione e questo rischio, aziende sane e illegali si mescolano, in particolare in tempi di crisi. A volte nello sviluppo del business si viene in contatto con chi non dice di essere mafioso e alcuni virtuosi risultano anche 'contaminati'. C'è anche il rischio che siano coinvolte tutte le fasi del processo produttivo. Per questo servono degli elementi e degli strumenti per evitare questa contaminazione"

Quali sono questi strumenti a tutela del consumatore?

"Uno è il nostro osservatorio con la funzione di evidenziare al legislatore quali sia la situazione attuale in modo che intervenga per spezzare questi legami. Per gli acquisti poi ci sono una serie di strumenti di tutela. Il primo è la vendita diretta: un esempio sono i nostri mercati di 'Campagna Amica', in cui l'acquirente è a contatto diretto con il produttore, può visitarne l'azienda e valutare anche da solo l'affidabilità. Poi ci sono alcuni siti internet attendibili che fanno da filtri sulla serietà dei soggetti messi in rete. Noi lo svolgiamo con il marchio Fai, dove promuoviamo le filiere virtuose"


La soluzione è quindi la filiera corta?

"Sì, ma non è detto che sia cortissima. Quello che si sta cercando di fare è di avere delle filiere sempre più corte e più controllabili, con pochi e trasparenti passaggi"

Questo per la spesa. Ma come evitare la mafia nei ristoranti?

"Qui è più complicato. Ma credo che il meccanismo debba essere virtuoso e per fare questo deve mettere in evidenza la serietà locale. Insomma conviene conoscere il posto, il gestore. Sempre con 'Campagna Amica' abbiamo ristoranti che utilizzano i nostri prodotti e continuiamo a fare verifiche. Il punto è che noi possiamo fare una selezione ma poi spetta alle forze dell'ordine verificare fino in fondo ed eventualmente prendere i provvedimenti necessari"

Che rischi ci sono invece per il brand "made in Italy" con le infiltrazioni mafiose?

"Come Coldiretti noi vogliamo che dietro ci sia la verità. Il brand dà un valore aggiunto ma va anche riempito di contenuti di spessore. Su questo stiamo facendo da tempo una battaglia per distinguere in campo agroalimentare ciò che è autenticamente italiano dal resto: il vero made in Italy è coltivato e trasformato in Italia. Esistono anche altre declinazioni, che non garantiscono questo 100%. Ma il consumatore deve avere gli elementi per fare questa distinzione perché il rischio è sempre quello che venga declinato in maniere non adeguata. Nel caso di truffa però deve intervenire l'autorità di controllo perché non possiamo giocarci l'attendibilità del made in Italy. E' un problema nostro ma anche di altri paesi in realtà, perché questo tipo di brand valorizza il luogo. I territori italiani sono altamente evocativi e spesso vengono usati per fare affari. Le agromafie si appropiano delle filiere non made in Italy spacciandole per tali e a farne le spese alla fine è sempre il consumatore"

Agroalimentare e associazioni a delinquere. Con gli scandali degli ultimi mesi pensare a Expo 2015 è molto facile...

"Speriamo che Expo sia l'opportunità per chiarire cosa è il vero made in italy, le sue distorsioni e le sue filiere. Potrà anche essere una vetrina in cui senza intermediari si potrà dire a visitatori e opinion maker quali sono gli strumenti e gli elementi per evitare di cadere queste in trappole"

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