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Martedì, 3 Ottobre 2023
Cronaca

Rigopiano, l'ex sindaco di Farindola: "Dissi sì ai lavori ma non me ne faccio una colpa"

Massimiliano Giancaterino, che nella sciagura ha perso il fratello, autorizzò l'ampliamento del resort. La denuncia del Forum H20 :"Hotel costruito su detriti e valanghe". Ma la presidente dei Geologi della Toscana smentisce

Massimiliano Giancaterino, ex sindaco di Farindola e fratello di una delle vittime, autorizzò l'ampliamento dell'hotel Rigopiano, distrutto da una slavina cinque giorni fa. "Se avessi saputo mi sarei tagliato il braccio destreo", ha detto in un'intervista ad Agorà su Rai3. "Ma non potevo saperlo. E sinceramente non me ne faccio una colpa, perché abbiamo dato un’opportunità a tanta gente del paese. Ora non ci sto alla caccia a un responsabile come capro espiatorio". 

Secondo il comitato che raccoglie i movimenti per l'acqua, l'albergo Rigopiano sarebbe stato edificato su resti di passati "eventi di distacco" provenienti dal canalone sovrastante la montagna, citando la mappa Geomorfologica dei bacini idrografici della Regione Abruzzo a partire dal 1991 e ripresa e confermata nel 2007 dalla mappa del Piano di Assetto Idrogeologico della Giunta Regionale.

mappa rigopiano-2

Nella mappa si vedono tre segni grafici verdi a forma di cono che convergono verso l'area dell'albergo, e rappresentano il movimento di flussi di materiale che nel tempo si è accumulato alla base del canalone. Già dagli anni '50 si ha memoria di una struttura di rifugio in quel luogo, ma l'hotel è costruito negli anni '70, ed ingrandito dopo il 2000. "Il fatto che ci fosse prima una struttura più piccola non vuol dire granché - spiega Augusto De Sanctis, del Forum - perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni. Un po' come avviene per le piene dei fiumi, ci sono gli eventi che mediamente avvengono ogni 50 anni, quelli più importanti che avvengono ogni 100 anni e poi quelli estremi che possono avvenire ogni 500 anni e che raggiungono aree inusitate. Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno. I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto su alcune caratteristiche specifiche del terreno a cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi. E lì questi segnali dovevano essere evidentissimi, come spiegano queste mappe ufficiali".

L'esistenza di una mappa conoscitiva però, secondo De Sanctis, non si è tradotta "per omissione della Regione in una mappa del rischio valanghe che era prevista dalla legge 47/92, cioè 25 anni fa. La legge prevede per le aree a rischio accertate o potenziali, l'inedificabilità o per strutture esistenti il divieto di uso invernale. Non è stato fatto un Piano valanghe, ma comunque - continua l'esponente del Forum - nel percorso di ristrutturazione dell'hotel si doveva evidenziare il contesto di rischio e agire di conseguenza, come prevede il Decreto 11/03/1988 dal titolo evocativo 'Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. Istruzioni per l'applicazione'".

Ma la presidente dell'Ordine dei Geologi della Toscana, Maria Teresa Fagioli, smentisce: "Il resort sorgeva in una zona non segnalata, in carta di rischio, per criticità perticolari". Fagioli aggiunge che "però poi la concomitanza fra evento nevoso importante e sciame sismico in corso ha creato, vista la posizione dell'albergo allo sbocco di un canalone, il disastro". Tuttavia "ammesso, e tutt'altro che concesso che in fase di ristrutturazione fosse stato consultato al riguardo un professionista e che questi avesse posto il problema della posizione geomorfologicamente pericolosa, al di là del solo rispetto formale delle norme, gli si sarebbe dato ascolto?"

In un'intervista a La Stampa, Giancaterino ha spiegato: "Sono stato sotto processo per sette anni. Con l’accusa di essere un corrotto per non aver sanzionato un abuso. Alla fine mi hanno assolto perché il fatto non sussiste. Io ho sempre sostenuto: se davvero hanno commesso questi abusi sul suolo pubblico, come hanno fatto? L’hotel sorgeva nel Parco nazionale del Gran Sasso, un’area posta sotto strettissima tutela ambientale, dove ci sono vincoli molto stringenti e una normativa che non consente di fare sciocchezze…". Sul rischio valanghe, Giancaterino ha detto: "Facile dirlo ora. Se vogliamo, possiamo pure ammettere che era una cattedrale nel deserto. Ma io quell’albergo lo conoscevo bene, ci avevo lavorato da ragazzo per pagarmi gli studi. Era nato come rifugio dopo la seconda guerra mondiale. E in settant’anni una valanga non è mai stata presa in considerazione come possibilità". 

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