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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Salva l'azienda dalla crisi e muore in fabbrica, la storia di Dino tra amarezza e speranza

In un libro l'impresa di un gruppo di operai del cuneese, guidati da uno di loro, che ha creato una cooperativa per rilevare l'azienda che rischiava di chiudere. L'intervista a Alessandro Principe, autore di "Riscatto. Una storia vera d'amore e fabbrica"

Ci sono storie che sembrano troppo incredibili per essere vere, in cui la realtà, nel bene e nel male, sembra superare la finzione. Una di queste è quella di Dino e dei suoi colleghi, che hanno formato una cooperativa per rilevare e rilanciare l'azienda in cui lavoravano e che sembrava invece destinata a chiudere. Alessandro Principe, giornalista di Radio Popolare, l'ha raccontata in un libro uscito per Round Robin, "Riscatto. Una storia vera d'amore e fabbrica"

Tutto è nato un po' per caso, a partire da un semplice lancio di agenzia che ha suscitato la curiosità di Principe in un lento pomeriggio domenicale in redazione durante la Giornata nazionale delle vittime degli incidenti sul lavoro. "C'era pochissimo materiale, ma sentivo che meritava più approfondimento. Più particolari scoprivo e più sentivo la voglia di andare a fondo perché dietro questa notizia c'era una storia bellissima e molto forte", racconta Principe a Today.it. 

Insieme per salvare la fabbrica: il sogno di Dino

L'inizio alla fine del 2012. La crisi edilizia morde e la Intec, un'azienda che produce pavimenti galleggianti a Sommariva del Bosco, nel cuneese, rischia di chiudere. Tra gli operai c'è Bernando Saglietto, detto Dino. Lavora lì da vent'anni, è un uomo energico, appassionato, gran lavoratore. Pratico e competente, che non ci sta a vedere l'azienda correre verso il fallimento. Sono cambiati gli assetti, è vero, ma la fabbrica è sana, i macchinari nuovi: con una nuova strategia commerciale e le competenze di uomini come Dino, che quei macchinari "li conosce alla perfezione, ogni bullone", ci sono speranze per risollevarsi.

L'idea di Dino è creare una cooperativa per portare avanti il lavoro, diventare terzisti, con una struttura più snella in contatto diretto con il cliente. In quattro si imbarcano con lui, aiutati anche dall'ingegner Andrea Grazzini, chiamato alla Intec un anno prima per rinnovare la parte industriale e che, con la crisi, viene nominato liquidatore, ma consiglia a Saglietto e ai suoi di non arrendersi e trovare una soluzione. Armati solo di competenza, determinazione e voglia di lavorare, Dino e i suoi colleghi riescono a rimettersi in piedi, il lavoro c'è, prendono anche altri ex operai della Intec. Decidono infine di comprare la fabbrica all'asta e ci riescono, soffiandola a un agguerrito potenziale acquirente. Il giorno dopo la firma sul contratto di acquisizione dell'azienda, però, Dino muore in fabbrica, schiacciato da un macchinario il 3 agosto 2017, a 57 anni. Oggi alla guida della Cooperativa Italiana Pavimenti c'è Ornella, la moglie di Dino. Il lavoro e la vita continuano. 

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Amarezza e coraggio

"Se uno l'avesse fatta finta questa storia sarebbe stata più credibile, invece è tutto vero!", scherza Principe. In effetti la vicenda di Dino e della C.I.P., con le sue coincidenze, colpi di scena, gioie e drammi, sembra fin troppo fantasiosa. Ma ci sono casi in cui la realtà supera la fantasia. 

Dopo aver intervistato Ornella per la radio, Principe è partito alla volta di Cavallermaggiore, il paese di Saglietto. Ha conosciuto tutti i protagonisti di questa storia. La moglie di Dino, il loro figlio Josef, i colleghi, il parroco, la gente del paese. Perché anche Cavallermaggiore è uno dei personaggi principali di questa vicenda, "come spesso avviene in provincia, nelle piccole città dove la fabbrica ha un ruolo centrale nella vita della comunità e intorno all'impresa di Dino c'era tutto il paese, lo stesso che poi si è stretto intorno alla famiglia il giorno del suo funerale", spiega Principe. 

"Dietro 'Riscatto' c'è sia l'importante aspetto narrativo della vicenda - l'incredibile coincidenza degli eventi, il valore dei personaggi - sia il valore emblematico molto forte della storia, dal punto di vista sociale, lavorativo e umano", racconta il giornalista. "Ma c'è amarezza per la morte di Dino, ma anche speranza, visto che alla fine il suo grande e coraggioso progetto si è realizzato. 

Sarebbe stato facile usare la retorica per raccontare di Dino e della C.I.P. "La tentazione di simbolizzare c'è sempre, ma la realtà è molto più 'normale'. Dino era una persona a cui piaceva molto il proprio lavoro, lui e i suoi colleghi hanno deciso di darsi da fare ma in senso estremamente pratico e concreto. Per Dino la fabbrica rappresentava il lavoro e la possibilità di un futuro per sé, per la propria famiglia e per suo figlio, insieme all'ambizione personale di poter dire: 'Ci sono riuscito'".
 

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