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Mercoledì, 17 Aprile 2024
Contro i codici Ateco

La rivolta delle mutande: negozi aperti per protesta anche in zona rossa

Succede in Campania dove sono centinaia gli esercizi commerciali che stanno esponendo indumenti intimi in vetrina. Una provocazione, ma non solo. "Se ci dicono che possiamo vendere solo slip e reggiseni, venderemo solo slip e reggiseni"

Saracinesche alzate ma solo per esporre in vetrina capi d'abbigliamento intimo. Si stima che in tutta la Campania siano circa 800 in i negozi che oggi hanno riaperto per protestare contro le misure anti-Covid. Lanciando una provocazione il cui significato è fin troppo esplicito. "La nostra idea - spiega Roberta Bacarelli di Federmoda Campania - è stata come un'onda che ha travolto i principali centri del commercio non solo di Napoli ma anche di Caserta, Salerno, Pompei, Castellammare di Stabia e altri comuni molto popolosi. È una forma di protesta civile che deve far riflettere su come non è la categoria merceologica a poter decidere il destino delle nostre attività commerciali, ma la sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid nei luoghi dove vendiamo. Se ci chiudono perché vendiamo abiti o gioielli, noi mettiamo in vetrina mutande".

Il decreto attualmente in vigore prevede infatti che in base ai codici Ateco i negozi di intimo, di abbigliamento per bambini o di articoli sportivi possano restare aperti anche nelle zone rosse. E così in molti esercizi che normalmente venderebbero tutt'altro sono state esposte felpe, leggings, boxer e reggiseni. In alcuni negozi è arrivata anche la polizia per assicurarsi che non ci fosse vendita in atto. Ma quella dei commercianti era e resta soprattutto una protesta, non un modo per aggirare le norme in vigore. 

"Se questi soldi li avessero usati per la campagna vaccinale avrebbero fatto molto meglio", spiega ancora Roberta Bacarelli. "Dicono che possiamo vendere mutandine e reggiseni? Allora noi, nel rispetto delle regole, apriremo e venderemo mutandine e reggiseni. In qualche modo dobbiamo pur pagare i nostri dipendenti, pagare i fitti e portare il piatto a tavola".

Ora per i commercianti la prospettiva è di restare di nuovo fermi per due settimane. "Ci aspettavamo la riapertura per oggi" dice  Claudia Catapano di Chiaia District.  "Eravamo più sereni e pronti a rimboccarci le maniche per ricostruire. Adesso altri quindici giorni di zona rossa e non credo che ce la potremmo fare. Da questo nasce l'iniziativa delle mutande. Siamo in mutande e dovremmo vendere le mutande. Chiediamo un'accortenza. Esisitamo anche noi. Non possiamo essere invisibili, non possiamo non essere considerati".

Bacarelli assicura però che la protesta "andrà avanti ad oltranza, o comunque fino a quando le disposizioni non cambieranno. Da oggi stiamo aperti e continueremo a farlo. È chiaro che non sarà la vendita di lingerie a salvarci, dobbiamo pagare fitti e utenze a fronte di sostegni a dir poco irrisori. È un modo per difenderci, restiamo aperti e i nostri clienti potranno comprare la merce che vendiamo abitualmente, ma online. È assurdo quanto viene detto, vendere fiori o giocattoli non è pericoloso per la pandemia, mentre vendere abiti e gioielli lo è. Nella speranza che qualcosa cambi per tutti, noi ci sentiamo discriminati perche', nei fatti, siamo gli unici del settore a subire gli effetti di queste chiusure".

"Siamo in mutande": la protesta dei commercianti di Napoli

(Servizio video di Giuseppe Cesareo, redazione di NapoliToday)

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