rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Scandalo Mose

Mose, il vero mostro della laguna: "Piovra da cento milioni l'anno"

Parla Piergiorgio Baita, "numero due" del Consorzio Venezia Nuova: "Una struttura che guadagnava il doppio delle aziende e non serviva a niente. Se si mettono in pila le mazzette fanno un miliardo di euro"

VENEZIA - Le aziende contattavano il Consorzio. Il Consorzio fissava il prezzo. E le aziende pagavano. Un vortice vizioso, fatto di tangenti e accordi sottobanco, sul quale il Mose di Venezia sembra si sia retto fin dalla sua progettazione. A parlare dei contorni più torbidi della grande opera in laguna è Piergiorgo Baita, ex presidente della Mantovani spa, capofila del Consorzio Venezia Nuova. 

Il manager, arrestato con l'accusa di false fatturazioni, non ha peli sulla lingua e svela gli ingranaggi del sistema. "Tangenti e consulenze e contratti a tutti. Se si mettono in pila fanno un miliardo di euro e non sono serviti al progetto Mose, solo a rafforzare il Consorzio Venezia nuova nella città, nei rapporti con la politica, locale e romana".

"Attorno al Mose - continua Baita - si è sviluppata la piovra del consorzio. Lo costituivano le aziende, ma le aziende lo subivano. Decideva tutto il presidente Mazzacurati". Ed era stato lo stesso presidente ad eleggerlo suo "secondo". 

"Mi aveva battezzato subito - confessa -  un extra dei vostri ricavi ritorna al consorzio, lo useremo per facilitare il percorso dell'opera". E alla domanda se il Consorzio abbia agito sempre in quel modo risponde: "Dal 1992 ha subito una mutazione genetica. Iniziano ad andare via i soci fondatori, le grandi imprese". Quindi, la bufera Tangentopoli e una "nuova" vita.

"Il consorzio sopravvive a Tangentopoli rafforzando la sua struttura, assumendo una veste autonoma che finirà per entrare in conflitto con le imprese - ricostruisce il manager al Mattino - Nel 2003 l'altro ribaltone: le partecipazioni statali si ritirano e vendono Condotte, Mazzacurati diventa presidente. E la frattura con i soci si allarga: le imprese sono in difficoltà".

Una difficoltà giustificata dal fatto che il Consorzio - ammette Baita - "guadagna il doppio e non serve a niente".

Intanto, l'ex forzista Giancarlo Galan e il sindaco di Venezia, Pd, Giorgio Orsini - due dei nomi più eccellenti finiti nell'inchiesta sul Mose - respingono con forza ogni accusa. "Stanno tentando di scaricare su di me nefandezze altrui. Non mi farò distruggere per misfatti commessi da altri - ha commentato l'ex governatore del Veneto - Non mi voglio nascondere e non voglio nascondere proprio niente. Voglio fare luce su tutto. Il processo mediatico è mostruoso, leggo profili della mia persona che stento a credere anche solo immaginabili, non poter rispondere o difendermi sin da subito e umanamente molto difficile" ha concluso l'ex ministro. 

Orsoni, ascoltato dai giudici nell'aula bunker di Venezia, ha rilasciato "una serie di dichiarazioni lucide, tranquille e serene" e si è detto fiducioso di poter chiarire la propria posizione, che - ha chiarito il suo legale - "sicuramente arriverà in tempi brevi". "Non ritiene che gli sia addebitabile nessun tipo di responsabilità" e si propone "di dimostrarlo attraverso una serie di indagini difensive a integrazione della documentazione acquisita dal procuratore". 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Mose, il vero mostro della laguna: "Piovra da cento milioni l'anno"

Today è in caricamento