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Sabato, 20 Aprile 2024
Legge Mancino / Forlì-Cesena

Indossare la maglietta "Auschwitzland" non è reato

Il caso di Selene Ticchi, ora assolta dal tribunale di Forlì

Il fatto non costituisce reato: il tribunale di Forlì, con questa formula, ha assolto in primo grado Selene Ticchi, che il 28 ottobre 2018 indossò la maglietta con la scritta "Auschwitzland" durante il raduno dei "nostalgici" a Predappio (Forlì-Cesena). Per questo motivo la donna, all'epoca militante di Forza Nuova e ora nel Movimento nazionale rete dei patrioti, era finita a processo per la violazione della legge Mancino. La procura forlivese aveva chiesto per lei una condanna a nove mesi e 600 euro di multa, e nel 2019 ottenne un decreto penale con multa di circa 9mila euro. Ticchi, assistita dal marito avvocato Daniele D'Urso, si oppose dando così inizio al dibattimento. L'Anpi era parte civile nel processo.

"Siamo felici e soddisfatti", ha commentato Ticchi dopo la decisione. La sua linea difensiva è stata che la maglietta era una protesta "contro chi lucra su luoghi dove sono avvenute tragedie, non solo Auschwitz". Le motivazioni dell'assoluzione, con la formula "perché il fatto non costituisce reato", arriveranno tra due settimane e a quel punto i pm, guidati dal procuratore Maria Teresa Cameli, decideranno se impugnare la sentenza. All'epoca il procuratore parlò di un "fatto molto grave, che non può essere giustificato come una leggerezza o un eccesso di goliardia. I fatti della seconda guerra mondiale, e in particolare dello sterminio degli ebrei, grondano sangue e debbono sempre e solo suscitare rispetto e commozione".

La pronuncia attira però molte critiche. "Sinceramente non so cosa ci poteva essere di più evidente rispetto alla violazione della normativa vigente. Un brutto segnale per il paese e per i valori democratici", ha commentato Andrea De Maria, deputato del Pd ed ex sindaco di Marzabotto, comune del Bolognese teatro del più grave eccidio dei nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. "A maggior ragione - ha proseguito - mi sento impegnato a promuovere la proposta di legge, sottoscritta con altri colleghi alla Camera e al Senato e condivisa con l'Anpi, per rendere più efficace il contrasto alla apologia del fascismo e del nazismo".

La legge Mancino è il principale strumento legislativo che l'ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini d'odio e dell'incitamento all'odio. È una legge del giugno del 1993, che prende il nome dell'allora ministro dell'Interno che ne fu proponente, il democristiano Nicola Mancino: condanna gesti, azioni e slogan legati soprattutto all'ideologia nazifascista, aventi per scopo l'incitamento alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, e punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.

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