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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Roma

Stefano Cucchi, oggi è il giorno della verità

Oggi la sentenza nei confronti di cinque carabinieri per i quali è stata chiesta la condanna. L'avvocato Anselmo: "Dal punto di vista probatorio ampiamente dimostrata la violenza subita". Ilaria Cucchi: "Stefano non è solo. Non è stato dimenticato"

È il giorno della verità per Stefano Cucchi, il giovane morto il 22 ottobre 2009 mentre era in regime di custodia cautelare. La prima Corte d’Assise, presieduta da Vincenzo Capozza, nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia, pronuncerà la sentenza nei confronti di cinque carabinieri per i quali è stata chiesta la condanna.

"Dal punto di vista probatorio penso sia ampiamente dimostrata la violenza subita da Stefano tanto che alla fine quel pestaggio violentissimo è stato perfino ammesso dagli avvocati della difesa". Lo dice all’Adnkronos il legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo. Le accuse a carico dei 5 carabinieri imputati vanno a vario titolo dall'omicidio preterintenzionale al falso e alla calunnia.

Stefano Cucchi, le condanne chieste dal pm

Il pm Giovanni Musarò ha chiesto di condannare a 18 anni di carcere Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, i due carabinieri che avrebbero picchiato il geometra 31enne arrestato dai carabinieri il 15 ottobre del 2009 per droga e deceduto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Assoluzione 'per non aver commesso il fatto' invece è stata chiesta per il terzo militare dell’Arma, Francesco Tedesco, accusato come gli altri due di omicidio preterintenzionale, ma che avrebbe assistito al pestaggio intervenendo per bloccare i suoi due colleghi, secondo quanto rivelato dallo stesso Tedesco a distanza di anni.

Chiesta poi la condanna a 3 anni e mezzo per Tedesco per l'accusa di falso e la condanna per la stessa accusa a 8 anni di reclusione per il maresciallo Roberto Mandolini, mentre il non doversi procedere per prescrizione dall’accusa di calunnia è stata chiesta per Tedesco, Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini.

"E' successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato"

Fabio Anselmo, il legale della famiglia Cucchi, spiega quali sono i punti a favore dell’accusa, che può contare su intercettazioni ambientali e telefoniche e sulle dichiarazioni dei testimoni, diretti e indiretti, di quel pestaggio. Anselmo cita innanzitutto il detenuto Luigi Lainà, sentito dalla Procura e che in corte d'assise ha riferito che la sera del 16 ottobre del 2009 si trovava presso il centro clinico di Regina Coeli quando vide arrivare un ragazzo che aveva il volto "gonfio come una zampogna".

Come riportato da Lainà, Stefano gli disse che si erano "divertiti" con lui e che a picchiarlo erano stati due carabinieri in borghese mentre un terzo in divisa intervenne per fermare i due colleghi. "Oltre alle dichiarazioni di Lainà, abbiamo la confessione di Francesco Tedesco" continua l'avvocato riferendosi al carabiniere imputato-teste che a distanza di anni ha svelato il pestaggio subito da Cucchi accusando i suoi due colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Ci sono poi le parole riferite dai carabinieri Riccardo Casamassima e sua moglie Maria Rosati ("E' successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato", ndr.) grazie alle quali è stata aperta l'inchiesta bis sulla morte del 31enne romano. Casamassima e Rosati raccontano di aver sentito che i carabinieri stavano cercando di scaricare le responsabilità sulla polizia penitenziaria.

Bisognerà capire se la sentenza confermerà o meno il collegamento fra le lesioni provocate dal pestaggio di Cucchi e la sua morte. Per il legale della famiglia c'è "la prova del nesso causale: Stefano stava bene, è stato arrestato dopo essere uscito dalla palestra e dopo 6 giorni è morto; è morto a causa della vescica neurologica (provocata anche dal malfunzionamento del catetere, ndr.) ma in ogni caso qualunque sia la causa del decesso, si è dimostrato che il ricovero ospedaliero e le conseguenze di quel pestaggio dal punto di vista medico legale sono direttamente ricollegabili - afferma l'avvocato Anselmo - Possiamo parlare di stress, di arresto cardiaco , si tratta comunque di cause riconducibili a uno stato di morbosità indotto e inflitto dal pestaggio, non si scappa".

L'avvocato Anselmo: "La giurisprudenza in materia di omicidio preterintenzionale è molto severa"

"La giurisprudenza in materia di omicidio preterintenzionale è molto severa, qualsiasi elemento di complicanza medica che insorga in seguito a un'aggressione fisica e che possa portare alla morte è comunque sempre ascrivibile alla persona che ha messo in pericolo e leso l'integrità fisica della vittima. Chi aggredisce il prossimo deve sopportare tutti i rischi conseguenti di quell'aggressione - conclude Anselmo parlando all'Adnkronos - non è come l'omicidio colposo, dove il nesso causale è molto diverso".

Stefano Cucchi aveva 31 anni ed era stato fermato dai carabinieri perché trovato in possesso di droga. Dopo la sua morte, avvenuta mentre era nelle mani dello Stato, ha avuto inizio un lungo iter giudiziario che oggi avrà una delle giornate più decisive. Cucchi prima dell'arresto e dell'arrivo in caserma non aveva alcun trauma fisico.

I giudici sono in Camera di consiglio da giovedì mattina. La sentenza è attesa in serata.

Ilaria Cucchi: "Stefano, dacci una mano da lassù"

"Sono grata a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi lunghissimi dieci anni di battaglie. Sono grata ai PM Pignatone e Musarò. Impossibile liberarsi da questa ansia profonda che ti toglie il respiro - scrive Ilaria Cucchi su Facebook mercoledì sera - Tantissime persone ci chiamano. Vogliono esserci. Stefano non è solo. Non è stato dimenticato. Io ed i miei genitori siamo allo stremo delle forze. Loro hanno tanta fiducia ed un pò la rassegnazione di un padre ed una madre cui è stato tolto in modo terribile un figlio. Nulla vi può essere di peggio. Seduta a tavola guardo Fabio scrivere. Fa finta che sia una serata normale ma ci riesce proprio male. Dai Stefano! Dacci una mano da lassù!".

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