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Sabato, 20 Aprile 2024
Il caso

Omicidio Cucchi, la Cassazione: "Carabinieri consapevoli delle conseguenze del pestaggio"

Rese note le motivazioni della condanna a 12 anni di Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Le percosse inflitte sono state "causa primigenia" della morte del ragazzo

Il pestaggio subito da Stefano Cucchi fu una punizione per il suo atteggiamento. A metterlo nero su bianco sono i giudici della Cassazione. Sono infatti state rese note le motivazioni della condanna (in via definitiva) a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Il giovane di Roma, arrestato il 15 ottobre del 2009 per stupefacenti, è morto sette giorni dopo all'ospedale Pertini in seguito alle percosse ricevute nella caserma dopo il fermo.

"L'intenzione dei due carabinieri" per i giudici fu quella di "punire" Stefano Cucchi per il "suo atteggiamento"."Dal racconto di Tedesco - rileva la Cassazione nelle motivazioni della sentenza depositate oggi - emerge in maniera inequivocabile che il comportamento ostruzionistico tenuto da Cucchi per sottrarsi al fotosegnalamento si era già esaurito al momento della violenta aggressione fisica portata ai suoi danni, tanto che già si stavano predisponendo a lasciare la sala Spis dopo aver comunicato telefonicamente con il loro comandante e aver ricevuto l'ordine di soprassedere all'adempimento". Dunque, il comportamento degli imputati non era "più riconducibile nemmeno astrattamente all'ipotetica intenzione di vincere una sua resistenza", mentre dalle dichiarazioni di Tedesco, "i giudici territoriali - evidenzia la Suprema Corte - hanno in maniera logica affermato l'insufficienza del successivo 'battibecco' verbale" a giustificare "la reazione violenta" dei due militari. 

Per i giudici, i carabinieri hanno colto l'occasione fornita da Cucchi per "lo sfogo di un impulso violento". e il "pestaggio" è stata la "causa primigenia" di una serie di "fattori sopravvenuti", tra i quali le "negligenti omissioni dei sanitari", che ha causato la morte del geometra romano. 

 "La questione della prevedibilità dell'evento"  per i giudici è certamente fuori discussione, "date le modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima, con colpi violenti al volto e in zona sacrale, ossia in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione".

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