rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Liberi fino alla fine

Stefano Gheller chiede il suicidio assistito: "Non vado in Svizzera, voglio morire nel mio paese"

Il 49enne di Cassola vuole, come Federico "Mario" Carboni (che ha ottenuto il via libera dal Comitato etico dell’Azienda sanitaria delle Marche) aver accesso alla "dolce morte"

Ha scritto tutto quel che aveva da dire in una lettera inviata all’Usl 7 Pedemontana: "Chiedo di attivare con urgenza la procedura prevista per l’accesso legale al suicidio medicalmente assistito". L'appello arriva dal 49enne Stefano Gheller, che vive a Cassola, nel Vicentino, e dalla nascita è affetto da una grave forma di distrofia muscolare.  Chiede, come Federico "Mario" Carboni (che ha ottenuto il via libera dal Comitato etico dell’Azienda sanitaria delle Marche), aver accesso alla "dolce morte". "Dal punto di vista giuridico, il caso di Federico Carboni ha dimostrato che, laddove verificate le condizioni stabilite dalla Corte costituzionale, il suicidio assistito è praticabile in Italia - sostiene Marco Cappato dell’associazione Coscioni - Abbiamo fiducia che il processo di verifica possa avvenire in tempi adeguati".

Il 49enne non ha ancora deciso quando sarà il tempo giusto per lasciarsi andare. "Io non desidero morire in questo istante - racconta - ma voglio avere il diritto di farlo appena sentirò che è arrivato il momento". "Vivo su una sedia a rotelle da quando avevo 15 anni, sono attaccato ad un respiratore 24 ore su 24 - spiega ancora - Quando la mattina mi sveglio so che potrei morire soffocato dal cibo o da un sorso d'acqua". Poi ammette: "Qualche anno fa avevo deciso di andare in Svizzera, dove l'eutanasia è già regolamentata. Ma ho pensato che avrei potuto dare un senso alla mia morte se fossi rimasto qui, a lottare con l'associazione Luca Coscioni affinché anche in Italia si possa esercitare il suicidio medicalmente assistito".

Qualcuno sta cercando di fargli cambiare idea, come il vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol: "Mi ha chiesto come stavo e se ero convinto della mia scelta, gli ho risposto di sì; poi mi ha domandato se mi avrebbe fatto piacere una sua visita e quindi tra qualche giorno verrà a trovarmi - racconta - Sapeva che ad agosto volevo andare in vacanza a Bibione e così si è perfino offerto di pagarmi il soggiorno". Gheller vorrebbe che tutte le persone fossero come il suo vescovo. "Non giudica - conclude - mi ha fatto sentire compreso". Anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha assicurato che andrà a trovarlo per ascoltarlo

Il caso di Federico Carboni

È morto il 16 giugno scorso alle 11.05 Federico Carboni, 44enne di Senigallia, fino al giorno della morte conosciuto come "Mario". È il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani. La vera identità di Mario è stata rivelata dopo la sua morte, come da lui deciso. Federico è morto nella sua abitazione dopo essersi auto somministrato il farmaco letale attraverso un macchinario apposito, costato circa 5.000 euro, interamente a suo carico, e per il quale l’Associazione Luca Coscioni aveva lanciato una raccolta fondi.

La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Federico Carboni durante il procedimento giudiziario. Al fianco di Federico, la sua famiglia, gli amici, oltre a Marco Cappato, Filomena Gallo e una parte del collegio legale. Il via libero definitivo per l’accesso al suicidio assistito era arrivato il 9 febbraio scorso, con il parere sul farmaco e sulle modalità “di esecuzione”, dopo quasi due anni dalla prima richiesta alla ASUR e dopo una lunga battaglia legale, in cui è stato assistito dall’Associazione Luca Coscioni.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Stefano Gheller chiede il suicidio assistito: "Non vado in Svizzera, voglio morire nel mio paese"

Today è in caricamento