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Giovedì, 18 Aprile 2024
Scontro polizia-governo

Stipendio bloccato, forze dell'ordine in sciopero: "Ma c'è chi un lavoro neanche ce l'ha"

Scontro frontale tra governo e sindacati delle forze dell'ordine. Stipendi bloccati per il quinto anno: agenti pronti allo sciopero generale. Renzi bacchetta: "Inaccettabile protestare per un mancato aumento con milioni di disoccupati"

ROMA - Dall'altro lato della barricata. Almeno per una volta. Da controllori dell'ordine a manifestanti, perché stanchi di un blocco agli stipendi che dura ormai da cinque anni. Il comparto di sicurezza del Paese - polizia di Stato, polizia penitenziaria, corpo forestale, vigili del fuoco e carabinieri - sta pensando seriamente di incrociare le braccia per uno sciopero generale, dopo che il ministro alla Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha annunciato che i salari resteranno al livello attuale per almeno altri dodici mesi. La minaccia di un blocco totale agita l'Italia, meno il premier Matteo Renzi che si è detto "pronto ad incontrarli", ma fermo nel non voler "cedere ai ricatti" perché - gli ha fatto l'eco il ministro - in Italia "c'è chi un lavoro non ce l'ha proprio". 

Nel tardo pomeriggio di giovedì, i rappresentanti sindacali di polizia di Stato, polizia penitenziaria, corpo forestale, vigili del fuoco ed il Cocer interforze, dopo una riunione, hanno redatto un comunicato di fuoco contro il governo. Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica - sottolineano i rappresentanti degli uomini e donne in uniforme - siamo costretti, verificata la totale chiusura del Governo ad ascoltare le nostre esigenze per garantire il funzionamento del sistema a tutela della sicurezza, del soccorso pubblico e della difesa del nostro Paese, atteso le numerose richieste di incontro rivolte al Presidente del Consiglio, ad oggi inascoltate, a dichiarare lo sciopero generale". 

"Quando abbiamo scelto di servire il Paese, per garantire Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico - scrivono i sindacati - eravamo consci di aver intrapreso una missione votata alla totale dedizione alla Patria e ai suoi cittadini con condizioni difficili per mancanza di mezzi e di risorse. Quello che certamente non credevamo è che chi è stato onorato dal popolo italiano a rappresentare le Istituzioni democratiche ai massimi livelli, non avesse nemmeno la riconoscenza per coloro che, per poco più di 1300 euro al mese, sono pronti a sacrificare la propria vita per il Paese. Qualora nella legge di stabilità sia previsto il rinnovo del blocco del tetto salariale - continua l'attacco di sindacati e Cocer - chiederemo le dimissioni di tutti i capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi ministri poiché non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la specificità, la professionalità e l’abnegazione del proprio personale. Per sostenere la difesa, il soccorso pubblico e la sicurezza del Paese - concludono - in vista dello sciopero generale, che si terrà entro la fine di settembre, qualora dovesse essere rinnovato il blocco del tetto delle retribuzioni, attueremo, sin da subito, oltre ad una capillare informazione e sensibilizzazione della società civile sui rischi che corre, azioni di protesta su tutti i territori con la denuncia di tutte le disfunzioni, le esposizioni al rischio, sinora accettate nell’interesse supremo del servizio, nonché le scorte e i privilegi che la casta continua a preservare e che, nonostante i roboanti annunci sinora fatti dal governo, ad oggi non sono stati né eliminati né ridotti preferendo, per far quadrare i conti, di penalizzare gli unici soliti noti contribuenti del nostro Paese, i dipendenti pubblici e i pensionati". 

Insomma, un attacco in piena regola da parte di chi si dice stanco di continuare a "difendere il Paese" per 1300 euro al mese. Ma da Newport, dove partecipa al vertice Nato, non si è fatta attendere la replica del presidente del Consiglio, che si è mantenuto in continuo contatto telefonico con il ministro dell'Interno Angelino Alfano. "Riceverò personalmente gli uomini in divisa - ha assicurato Renzi - ma non accetto ricatti". In soldoni, secondo il premier, non è accettabile in un momento di crisi minacciare uno sciopero per un mancato aumento, quando ci sono ancora milioni di persone senza un lavoro. Inoltre, fanno sapere dal governo, come a voler sottolineare l'estemporaneità della "minaccia" delle forze dell'ordine, il blocco degli stipendi "era già previsto nel Def, quindi non c'è niente di nuovo". 

"Siamo però l'unico Paese - hanno osservato nel palazzo del Governo - che ha cinque forze di polizia. Se vogliono discutere siamo pronti a farlo su tutto. Non tocchiamo lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno, ma è ingiusto scioperare in un momento di crisi per un mancato aumento". Ancora più chiara la "colpevole", Marianna Madia. . "Noi - ha difeso la sua decisione - abbiamo il dovere e la responsabilità di tirare fuori l’Italia tutta insieme dalla crisi e non possiamo dimenticare chi, al di là del lavoro pubblico, il lavoro non ce l’ha o non ha alcun ammortizzatore sociale. Aiutate il governo". Anche questo è un compito delle forze dell'ordine?  

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