Armi facili: la strage di Licata è un punto di non ritorno
Angelo Tardino, l'uomo che ieri mattina ha ucciso quattro familiari e si è poi suicidato a Licata, aveva il porto d'armi. Deteneva legalmente le armi con cui ha spezzato per sempre quattro vite. Ha estratto più armi da fuoco e ammazzato fratello, cognata e due nipoti adolescenti. Tardino deteneva due pistole. Aggiornando la banca dati sulle autorizzazioni, gli investigatori avrebbero scoperto che l'assassino tempo fa aveva ceduto un fucile da caccia e un'altra pistola. Ieri circolavano informazioni contrastanti sul numero di pistole e fucili. Le indagini sono solo all'inizio.
Pare ormai certo che ieri mattina, andando a casa del fratello, avesse due pistole cariche. E ha fatto fuoco sui suoi familiari, esplodendo tutti i colpi che aveva in canna, per uccidere il fratello Diego, 45 anni, la cognata Alessandra Ballacchino e i nipoti Alessia di 15 anni e Vincenzo di 11 anni. Poi ha puntato su di sé. E' morto dopo alcune ore all'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta per le gravi ferite riportate dopo essersi sparato quando era in fuga. Gli inquirenti non cercheranno altre armi, come fatto per tutta la giornata di ieri, quando non era chiaro con quali pistole avesse sparato.
Un piano premeditato. All'origine del tragico fatto di sangue dissidi per questioni di spartizione delle aree ereditate, serre coltivate a carciofi e un pozzo. Le liti tra familiari erano frequenti, tanto che i carabinieri in altre occasioni erano dovuti intervenire per sedare i diverbi. Nessuno aveva mai fatto denuncia. Evidentemente il fatto che l'uomo avesse armi non era stato ritenuto un problema. Una strage che avrebbe potuto essere evitata? Questo non lo sapremo mai con certezza, ma siamo invece sicuri che sulle licenze date o confermate con leggerezza a persone "instabili" c'è qualcosa che non va, non da oggi. Pochi dubbi sul fatto che l’uomo si sia recato a casa del fratello Diego con l’intenzione di compiere una strage. Pochi dubbi che sui suoi profili social (tutt'ora online) condividesse convinzioni apertamente fasciste. Nessun dubbio che avesse ampia disponibilità di armi.
"Ancora una volta – dice a Today.it Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (OPAL) di Brescia – siamo di fronte ad un’orrenda strage familiare che vede tra le vittime anche dei bambini. E’ proprio in queste carneficine, che riportano più vittime, che si manifesta tutta la letalità delle armi da fuoco, ancorché legalmente detenute: queste stragi sono possibili solo con armi da fuoco. Se è vero che non è sempre prevedibile la deriva violenta di una persona, è altrettanto vero che oggi i controlli sui legali detentori di armi sono troppo blandi e poco frequenti: sia all’atto del rilascio della licenza sia per il rinnovo – che è richiesto solo ogni cinque anni – tutto dipende da un’autocertificazione controfirmata dal medico di famiglia. Non solo: nonostante la legge preveda di accertare lo stato di salute psicofisico del possessore di armi, per ottenere una licenza e per rinnovarla non è richiesta né una visita psichiatrica né un esame tossicologico", ci dice Beretta.
Ma c’è anche un altro aspetto che viene sottovalutato e che questa tragedia rivela, come ci spiega ancora Giorgio Beretta: "L’assassino aveva una licenza per 'uso caccia', ma ha sparato con una pistola. A rigor di logica questa licenza non dovrebbe prevedere il possesso di pistole e altre armi che non si possono usare per la caccia e che sono facilmente occultabili. Invece la legge italiana, tra le più permissive in materia tra tutti i Paesi dell’UE, autorizza chi ha un porto d’armi per uso caccia a detenere anche tre pistole, con caricatori addirittura fino a 20 colpi, dodici fucili semiautomatici e un numero illimitato di fucili da caccia. Sono norme fatte apposta per favorire i produttori e i rivenditori di armi, non certo la sicurezza pubblica".
Nel settembre del 2018 il governo Lega-M5s ha varato un decreto legislativo (n. 104 del 2018) che ha aumentato il numero di armi che si possono detenere e la capacità dei caricatori, "tra l’altro detenibili in numero illimitato e senza obbligo di denuncia", ci ricorda l'analista. OPAL, associazioni della Rete italiana pace e disarmo, tanti attivisti e semplici cittadini lo ripetono da anni (e anche noi di Today lo abbiamo scritto decine di volte): serve un’ampia e articolata revisione delle norme sulla detenzione di armi, controlli migliori e più frequenti sullo stato di equilibrio mentale del legali detentori. "Soprattutto - ci dice Beretta - tutte le licenze vanno ricondotte alla loro ragione effettiva: niente pistole per le licenze di caccia, niente munizioni in casa per chi pratica tiro sportivo, niente armi e munizioni letali a chi richiede una licenza per difesa abitativa. Non è possibile che col pretesto della caccia, del tiro sportivo e della difesa si detengano armi che, come questo caso ancora una volta tragicamente dimostra, vengono usate per compiere vere e proprie stragi".
Anche Diego Tardino, vittima e fratello minore dell'omicida, aveva armi regolarmente detenute. Probabilmente non si aspettava che il fratello più grande fosse armato e gli ha aperto tranquillamente la porta di casa. Gli investigatori non sono riusciti ad aprire la cassaforte e hanno chiamato, in serata, i vigili del fuoco e un fabbro. All'interno è stata trovata una pistola regolarmente detenuta dalla vittima. L'uomo aveva anche un fucile, trovato in casa, e una vecchia carabina.
La legge attuale stabilisce che i controlli medici per le varie licenze (già di per sé semplici da ottenere) vengano effettuati solo ogni cinque anni: un periodo in cui possono verificarsi problemi psichici e mentali, che però né il medico curante, né le Asl (se mai ne venissero a conoscenza, e a Licata ciò comunque pare non fosse successo) possono di fatto comunicare con una prassi consolidata, continua e normata alle autorità competenti, permettendo di fatto al possessore di licenza di detenere le armi. Un recente disegno di legge dell'onorevole Riccardo Magi chiede di introdurre esami clinici per accertare lo stato di salute psicofisica di chi detiene armi. C'è anche un altro disegno di legge fermo in senato da quasi tre anni per la "Istituzione della banca dati centrale informatizzata per i soggetti detentori di armi o in possesso del porto d'armi". Servirebbe per avere sempre dati certi e aggiornati, senza dover incrociare banche dati diverse.
Quando non ci scappa il ferito grave o il morto (o i morti), le notizie riguardanti le armi detenute da persone che non dovrebbero averne mai e poi mai a portata di mano faticano a farsi spazio sui mezzi di comunicazione. Trafiletti di poche righe, 15 secondi sui telegiornali regionali della sera. Quando i morti sono 5 come a Licata, lo spazio è maggiore. Il cordoglio unanime. Lo shock condiviso. Per pochi giorni. Ma Licata segna un punto di non ritorno. In contrada Safarello, dove la cittadina si perde verso le campagne coltivate a carciofaie e pomodori, ieri si sono incrociati aspetti diversi dell'emergenza "armi facili", facce della stessa medaglia: la fragilità delle norme, l'opacità dei dati, lo scarso numero di controlli. Se nemmeno una strage pianificata ed efferata, con 5 morti, smuove il parlamento e dà un impulso per cambiare davvero passo e legiferare e stringere le maglie (a tutela anche della stragrandissima maggioranza dei detentori di armi legali, che mai si sognerebbero di utilizzarle fuori contesto), forse c'è davvero poco da fare. Una resa ingiustificabile per un paese civile.
A Licata qualcuno, anche tra le sgomente istituzioni locali, incredule di fronte a tanto orrore, parla del killer come di "un gran lavoratore", forse "un raptus di follia". Il modo perfetto per non affrontare nemmeno stavolta il problema delle armi facili alla radice. Impossibile non notare che il racconto della strage di Licata sui quotidiani e nei telegiornali si concentra, in parte comprensibilmente, su altri aspetti, dettagli shock, drammatici, emotivamente fortissimi, immediati: il suicidio in diretta coi carabinieri, il ragazzino undicenne ritrovato cadavere sotto il letto avvolto in una coperta. Ma se Angelo Tardino non avesse avuto la disponibilità di quelle armi, avrebbe incontrato ostacoli evidenti a pianificare e portare a termine il suo progetto omicida. Mercoledì 26 gennaio 2022 non ne ha avuti di ostacoli. E' uscito di casa con le sue pistole. E ha ammazzato tutti. I militari della Scientifica hanno contato i proiettili esplosi nella carneficina. Almeno sedici. Sedici di troppo.