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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

La Cassazione: lasciare un succhiotto sul collo è violenza sessuale

Per i giudici si tratta di un atto consapevolmente impresso come marchio di possesso che esprime carica erotica al pari di quelli sulle zone erogene, come riporta StudioCastaldi.it

Lasciare un succhiotto sul collo equivale a una violenza sessuale. E' quanto ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 47265/2016, respingendo il ricorso di uomo condannato in appello a 6 anni e due mesi di carcere per violenza sessuale ex art-609-bis c.p. e lezioni personali aggravate ai danni della sua amante. Come scrive StudioCastaldi.it, oltre a palpeggiamenti sul senso e sulla zona pubica, oltre a un rapporto sessuale, all'uomo veniva contestato anche di aver lasciato un "succhiotto" alla donna, con l'intenzione di "marchiarla" in modo visibile "a chiunque fosse interessato a una relazione con lei".

Secondo l'imputato, il succhiotto non aveva riguardato zone erogene e quindi non poteva essere interpretato come atto di natura sessuale. Per la Cassazione, invece, è evidente che il gesto ha una natura sessuale. L'atto "deve poter essere definito sessuale sul piano obiettivo, senza attingere alle intenzioni dell'agente". La natura sessuale dell'atto preesiste alla volontà dell'agente "appartiene all'elaborazione scientifica ma è anche espressione della cultura di una determinata comunità in un determinato". E' sufficiente che l'imputato sia consapevole di tale natura con una condotta cosciente e volontaria e inoltre va escluso che l'atto sessuale venga circoscritto ai soli "toccamenti delle zone (immediatamente) erogene del corpo, con esclusione di tutte le altre".

Nel caso di specie, scrive StudioCastaldi.it, è evidente che il succhiotto sul collo della donna ha natura sessuale, in quanto si tratta di un atto, comunemente definito "morso d'amore (per la carica di passionalità e ardore che lo caratterizza) - che - consiste in un livido causato dalla suzione con le labbra di una parte dell'epidermide o da un bacio molto aggressivo" e che non si sostanzia in un mero "toccamento" delle labbra ma necessita di un'attività "prolungata" sul corpo che, per la sua durata e intensità, esprime senz'altro "quella carica erotica che il concedersi con piacere alla bocca altrui comporta". Carica che l'imputato ha pienamente colto, hanno concluso gli Ermellini, visto che ne ha fatto strumento di "una riaffermata (e malintesa) signoria sulla donna con un simbolo (il livido lasciato sul collo) che vuol significare un'intimità sessuale esattamente percepibile e percepita come tale dai consociati senza necessità di ulteriori specificazioni". Da qui il rigetto del ricorso e la conferma della condanna.

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