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Sabato, 20 Aprile 2024
Suicidio assistito

Elena è morta, ha scelto il suicidio assistito: "Non mi è stato possibile morire nel mio letto"

Malata terminale di cancro, si è sottoposta alla procedura in Svizzera. Con lei Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Coscioni, che ora rischia il carcere. L'addio in un videomessaggio

E' morta la donna veneta di 69 anni, malata terminale di cancro, che ieri era stata accompagnata in Svizzera da Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. Elena il suo nome, anche se la sua storia è stata resa nota inizialmente col nome di Adelina, per tutela della privacy. La donna ha scelto il suicidio assistito. Non avrebbe avuto questa possibilità in Italia, perché la sentenza della Corte costituzionale esclude che possano essere aiutate a morire persone che non sono tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale. Elena era sì malata terminale di cancro, ma senza il supporto di macchinari h24.cappato-2"Elena ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso. Domattina, in Italia, andrò ad autodenuciarmi", ha scritto Cappato sui social.

Cappato, precisa l'Associazione Luca Coscioni in una nota, andrà domani ad autodenunciarsi presso la stazione dei carabinieri a Milano. Per l'attivista si tratta di una nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non è "tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale", quindi non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso alla tecnica in Italia. Rischia fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.  

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Le ultime parole di Elena: "Avrei preferito morire nel mio letto"

Elena ha ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare (tumore del polmone a piccole cellule, ndr) a inizio luglio 2021. Una sentenza senza appello: poche possibilità di salvarsi, pochi mesi nonostante le cure. In un ultimo videomessaggio ha spiegato le ragioni della sua decisione: "Ho deciso di raccontare la mia storia perché penso possa tornare utile a molte persone che si trovano o si troveranno nella mia situazione. Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola". E ancora: "Ho parlato chiaramente con la mia famiglia. Ho avuto la comprensione e il sostegno che potessi desiderare. Mi hanno appoggiata, capita, sostenuta. Ho chiesto aiuto a Marco Cappato perché non volevo che i miei cari accompagnandomi, avessero conseguenze legali. La decisione è stata solo mia. Ho dovuto, arrivata a un bivio, scegliere: una strada più lunga che portava all'inferno o una più, che mi avrebbe portato qui. Ho scelto la seconda".

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