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Venerdì, 29 Marzo 2024
Terrorismo / Genova

Preparavano attentati, 14 arresti in Italia: il capo della cellula era rifugiato dal 2015

Si tratta di una cellula terroristica riconducibile ad un più ampio gruppo di giovani pakistani, auto-denominatosi  “Gruppo Gabar ”, contatti diretti dell’attentatore Hassan Zaher Mahmood, il 27enne pachistano che il 25 settembre 2020, a Parigi, ha compiuto un attacco vicino alla ex sede di Charlie Hebdo

Vasta operazione antiterrorismo della polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova - Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo - con arresti in Italia e all’estero, nei confronti di cittadini pakistani inseriti nel circuito relazionale diretto di Hassan Zaher Mahmood, il 27enne pachistano che il 25 settembre 2020, a Parigi, ha compiuto un attacco nei pressi della ex sede della rivista satirica Charlie Hebdo, tutti accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale.

L’operazione, condotta dalla Digos di Genova e dal Servizio per il Contrasto all’Estremismo e Terrorismo Esterno della Polizia di Stato, vede anche il coinvolgimento degli Uffici Antiterrorismo di Spagna e Francia, coordinati dall’Ectc- European Counter Terrorism Centre di Europol. L’attività investigativa, che ha portato all’emissione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, ha svelato l’esistenza e l’operatività, in diverse province italiane e in alcuni Paesi europei, di una cellula terroristica riconducibile ad un più ampio gruppo di giovani pakistani, auto-denominatosi  “Gruppo Gabar ”, tutti facenti parte dei contatti diretti dell’attentatore di Charlie Hebdo.

L'attività ha comportato uno sforzo investigativo notevole con un impiego di risorse rilevanti: basti pensare che sono state attivate per mesi oltre 50 intercettazioni telefoniche e ambientali, 8 intercettazioni telematiche, 10 di localizzazione mediante gps, 5 sorveglianze elettroniche per mezzo di telecamere, oltre 9 milioni di record analizzati, svolti oltre 50 servizi di osservazione e pedinamento. "Il plauso - dice il Questore di Genova Orazio D'Anna - va a tutti coloro che hanno condotto le indagini, alla Digos di Genova, alle Digos delle altre città, alla direzione centrale della polizia di prevenzione e a tutti coloro che nella fase conclusiva odierna si sono prodigati per il raggiungimento del risultato. Parliamo di oltre 80 unità di personale operativo dislocato nelle varie città d'Italia". Il leader della cellula pakistana sgominata dalla Digos genovese e dall'Antiterrorismo aveva ottenuto lo status di rifugiato in Italia nel 2015.

Genova e il caso del 25enne pakistano

A Genova in particolare sotto la lente degli inquirenti è finito un soggetto, T. Y., che ricercava armi, una tana, e che voleva reclutare altre persone. L'uomo aveva attirato da subito l'attenzione degli investigatori, e l'attività ha avuto inizio con la sua riammissione dalla Francia all'Italia. Il 25enne pakistano già in precedenza era domiciliato a Chiavari in provincia di Genova, ove ha fatto rientro subito dopo la riammissione dalla Francia, dove era stato arrestato due mesi prima per porto in luogo pubblico di un grosso coltello (lama di circa 40 cm). Ciò aveva attirato l'attenzione degli inquirenti, e attraverso i contatti di questa persona si è poi ricostruito il cerchio di altri soggetti tutti mossi da motivazioni religiose e vicinanza esplicita con l'attentatore e i suoi ideali. Infatti, su Facebook, TikTok e Youtube, sempre T. Y. postava con cadenza giornaliera numerosi video nei quali era ripreso avvolto da tunica e copricapo neri mentre recitava testi inneggianti alla violenza oppure mentre, in compagnia di connazionali, in strada o all'interno di abitazioni, brandiva machete o coltelli di grandi dimensioni mimando insieme agli altri il gesto del taglio della gola.

Terrorismo, arrestati 14 fondamentalisti islamici (Foto da GenovaToday)

Gi approfondimenti effettuati sui suoi profili social hanno consentito di individuare un'ampia pubblicazione in rete di video e post apologetici e violenti che ha costituito il punto di partenza di un complesso iter investigativo che ha svelato l'esistenza e l'operatività, in diverse province italiane e in alcuni Paesi europei, di una cellula terroristica riconducibile a un più ampio gruppo di giovani pakistani, auto denominatisi "gruppo Gabar", tutti facenti parte dei contatti diretti dell'attentatore di Charlie Hebdo.

Oltre alle manifestazioni di vicinanza all'autore dell'attacco di Parigi, anche lui membro del Gruppo Gabar Francia e di pensa condivisione delle motivazioni che lo avevano indotto a passare all'azione, l'indagine ha consentito di delineare il substrato ideologico-confessionale dei sodali, continuamente protesi a diffondere online dottrine religiose improntate alla violenza e con una forte visione antioccidentale, in piena aderenza alla linea di predicatori che incitano all'uccisione di coloro che si "macchiano" di blasfemia. Ampliando l'attenzione sulla stretta rete relazionale di T. Y. è stato quindi possibile elaborare e documentare l'ipotesi associativa, stante i comprovati, stretti legami tra gli indagati molti dei quali immortalati, appena due mesi prima, insieme all'autore del menzionato attentato di Parigi in una foto scattata sotto la Tour Eiffel a cui era stata aggiunta l'inquietante didascalia "Abbiate un po' di pazienza... ci vediamo sui campi di battaglia".

Il ruolo di T. Y. è sintetizzato in un passaggio del provvedimento che dispone la misura di custodia cautelare in carcere e che descrive come l'indagato fornisse il proprio contributo partecipativo all'associazione terroristica "promuovendo a partire dall'aprile 2021 la formazione di una cellula sedente e operante in Italia attraverso il reclutamento di sodali, la individuazione di un covo (cosiddetta tana), l'acquisto di armi, offrendo ospitalità a sodali, mantenendo rapporti e contatti con personaggi al vertice dell'organizzazione".

"Tra due mesi inizio a comprare armi"

L'ipotesi associativa ha trovato conforto non solo attraverso i continui contatti viertuali e de visu degli indagati ma anche grazie alla "captazione" di conversazioni intercorse tra T. Y. e tale "Peer" ("maestro") poi identificato in N. R, pachistano di 33 anni attualmente detenuto in Francia, anch'egli tra i destinatari delle misure estese in campo internazionale. Nei dialoghi registrati, infatti, è emersa chiaramente la volontà di entrambi di creare una cellula italiana del Geuppo Gabar reclutando sodali ("ora bisogna andare in ogni città e trovare quelle 10 persone che mi servono... più saremo meglio è...") individuando un covo ("fammi lavorare 2 mesi, e poi troviamo una nostra tana e facciamo il gruppo Gabar qui in Italia") e dichiarando la ferma intenzione di acquistare armi ("tra due mesi comincio a comprare armi").

Dall'estate 2021 sono stati documentati dagli investigatori più incontri tra gli indagati che, periodicamente, hanno raggiunto il territorio italiano, in particolar modo Fabbrico in provincia di Reggio Emilia, dove T. Y. si era stabilito trovando lavoro. Che il nostro Paese fosse luogo privilegiato per il supporto logistico del "Gruppo Gabar" è dimostrato anche dall'arresto a Lodi, eseguito a fine settembre 2021, dalla Digos di Genova e dagli uomini del servizio per il contrasto all'estremismo e terrorismo esterno, del 19enne pakistano Ali Hamza, destinatario di mandato di arresto europeo emesso dalla procura antiterrorismo di Parigi poiché legato all'attentatore di Charlie Hebdo al punto da essere stato incaricato di diffondere il video di rivendicazione dell'attacco una volta avuta la certezza che la progettualità fosse andata a buon fine.

Gli stretti legami tra gli indagati, i proclami inneggianti alla violenza, la totale condivisione delle motivazioni ideologiche dell'attentato parigino, i contatti continui di T. Y. con il già citato "Peer" pronto a raggiungere T. Y. in Italia non appena fosse stato scarcerato ("non ti preoccupare le volte che poi verrò in Italia farò di tutto") con la dichiarata intenzione di dimostrare quanto il "Gruppo Gabar fosse grande", hanno quindi fornito la misura della determinazione e pericolosirà degli indagati, rappresentando uno dei pilastri delle esigenze cautelari, condivise interamente dall'Autorità Giudiziaria che ha ritenuto gli indagati appartenenti ad un'associazione, definitasi Gruppo Gabar, che si propone il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo.Da ultimo, l'impianto investigativo ha trovato indiretta conferma in una recente operazione condotta in Spagna dalla Comisaria General de Informacion che, nel febbraio 2022, ha condotto all'arresto di 5 persone, di cui almeno 3 in contatto con gli odierni indagati e tutti riconducibili al Gruppo Gabar.

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