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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La verità

Antonio Raddi, morto in carcere dopo aver perso 25 chili: la famiglia non molla

Secondo gli avvocati della famiglia Raddi, il giovane 28enne non avrebbe ricevuto assistenza sanitaria adeguata

I genitori di Antonio Raddi lottano affinchè emerga la verità sulla morte del proprio figlio. Il cuore del giovane 28enne rinchiuso nel carcere delle Vallette di Torino smise di battere il 30 dicembre del 2019 per un'infezione polmonare. Secondo gli avvocati della famiglia di Antonio, però, il ragazzo non avrebbe ricevuto un'adeguata assistenza sanitaria, infatti, aveva perso ben 25 chili in soli sette mesi di detenzione. La famiglia Raddi chiede alla magistratura di Torino di non archiviare il fascicolo. Proviamo a ricostruire la vicenda.

La storia di Antonio Raddi

Antonio, andato in tilt dopo la morte della fidanzata, pesava 76 chili prima dell'arresto. Era stato condannato per rapine, maltrattamenti ed evasione, faceva uso di sostanze stupefacenti. In carcere manifestava sintomi di depressione, insonnia e inappetenza ma il personale del penitenziario era convinto che la sua fosse soltanto una simulazione. Il ragazzo diceva che non riusciva a mangiare ma non veniva creduto. Il Garante delle persone detenute aveva più volte segnalato il suo caso alla direzione delle Vallette (9 volte da agosto 2019), senza ricevere mai una risposta. Il 14 dicembre 2019 fu portato al pronto soccorso dell'ospedale Maria Vittoria, dove il primario ne certificò l’estremo stato di denutrizione. Agli inquirenti dichiarò di "non avere mai visto niente del genere in 40 anni".

Il pm chiede l'archiviazione: la famiglia Raddi si batte

Quattro gli indagati nello staff sanitario del carcere. Alla vicenda ha lavorato il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo che, dopo aver giudicato superficiale la prima consulenza medico-legale sul decesso dell'uomo, ne ha disposta una seconda. Il pubblico ministero ha proposto l'archiviazione del caso nonostante i consulenti abbiano dichiarato che il progressivo calo di peso andava "contrastato diversamente, anche con l'ausilio di approfondimenti clinico-specialistici e di laboratorio". Secondo il pm non sarebbero stati raccolti elementi sufficienti per stabilire la responsabilità a carico dello staff medico delle Vallette. La tesi portata avanti dagli avvocati della famiglia Raddi, Massimo Pastore e Gianluca Vitale, è che non fu la fame ad uccidere il ragazzo ma il il deperimento avrebbe avuto un ruolo nell’insorgenza della polmonite da Klebsiella che alla fine lo uccise. I legali sostengono che Antonio stesse cercando aiutio: prendeva integratori e incontrava gli operatori per percorsi di inserimento in comunità. I genitori di Antonio non mollano, chiedono che il fascicolo non venga archiviato e che venga fatta luce sull'ennesima morte in carcere.

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